Come si costruisce uno stato autoritario, se non si hanno a disposizione i carri armati del turco Erdogan o dell’egiziano al-Sisi? Per esempio attaccando i giudici, facendo pressione su di loro, dicendo ai guardiani della legge che non devono impicciarsi: le decisioni del presidente sono al di fuori della loro giurisdizione. E così ha fatto Donald Trump.

Anche Berlusconi attaccava i giudici ma le sue lamentele sulla «magistratura politicizzata» oggi sembrano patetiche, piagnistei indegni di un vero leader, in confronto a Trump che insulta, minaccia, sfida la magistratura, naturalmente con l’occhio alla nomina del nono componente della Corte suprema, all’esame del senato, che dovrebbe assicurare al partito repubblicano una maggioranza permanente in quell’organo.

La decisione dei giudici di San Francisco sul divieto di ingresso ai cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana è stata una disfatta legale su tutta la linea per l’amministrazione Trump ma questa battuta d’arresto potrebbe trasformarsi in una vittoria politica. Il motivo è semplice: nei sondaggi, il 55% degli americani approva il divieto d’ingresso varato due settimane fa.

Sotto il profilo costituzionale la decisione di Trump era indifendibile ma dal punto di vista della comunicazione è stata una mossa «brillante»: ha monopolizzato l’attenzione dal 23 gennaio in poi, di fatto mascherando la cancellazione di decine di regolamentazioni in difesa dell’ambiente o per la sorveglianza delle banche e la formazione di un governo di milionari, estremisti di destra e militari. Le energie dei democratici si stanno concentrando su questa questione, posizionando il partito come «difensore degli immigrati», se non addirittura dei terroristi, un’etichetta che non lo avvantaggerà di certo alle prossime elezioni.

Prendendosela con paesi islamici che in realtà non hanno mai avuto legami con il terrorismo negli Stati Uniti (al contrario di fedeli alleati come l’Arabia Saudita e il Pakistan) Trump ha mantenuto una promessa elettorale e lanciato uno zuccherino ai suoi elettori. Se la cosa non passerà potrà dare la colpa all’establishment, ai democratici, ai giudici «politicizzati» e a tutti gli oppositori. Una strategia per rafforzare il consenso dell’America bianca, rurale e xenofoba che lo ha votato.
Il caos attorno alla questione immigrazione è voluto: si tratta per i repubblicani di un terreno ben più solido di quello della sanità (decine di migliaia di americani stanno mettendo sotto assedio i deputati per difendere l’assistenza medica introdotta da Obama) o della scuola, dove l’opposizione al nuovo segretario all’Istruzione Betsy DeVos è stata senza precedenti. Soprattutto, Trump confida nel fatto che la pressione sui giudici, e la confusione che regna tra i democratici, possano ampliare i suoi margini di manovra, che costituzionalmente sono più stretti di quanto non si pensi. Prendendo davanti alla Corte d’appello di San Francisco la posizione che le decisioni in materia di immigrazione e sicurezza nazionale sarebbero unreviewable, cioè al di fuori della giurisdizione dei tribunali, in quanto decisioni politiche, Trump mira ad aprire una immensa breccia nelle garanzie costituzionali, come aveva fatto George W. Bush dopo l’11 settembre, senza poi che Barack Obama mettesse veramente rimedio ai danni inflitti ai diritti civili. Basti pensare al sistema di sorveglianza indiscriminato rivelato da Edward Snowden.

Cosa succederà nei prossimi giorni? La Casa Bianca può chiedere un pronunciamento d’urgenza della Corte suprema, ma è una mossa molto rischiosa perché non sembra esserci una maggioranza a favore del divieto, il che lascerebbe in vigore la sentenza della Corte d’appello e quindi l’Executive order verrebbe cancellato. In alternativa, Trump potrebbe aspettare e accentuare la pressione sul senato per la conferma in tempi rapidi del giudice che dovrebbe occupare il seggio vuoto alla Corte, Neil Gorsuch. Ma questa manovra richiederebbe la collaborazione di almeno otto senatori democratici, il che è difficile. L’esito più probabile è quindi che Trump per ora si limiti a capitalizzare il sostegno popolare che la mossa contro i profughi e gli immigrati gli procura, in attesa di condizioni più favorevoli per introdurre restrizioni e divieti che siano costituzionalmente accettabili. E poi, naturalmente, ci sono sempre i «clandestini» da espellere e il famoso muro da costruire al confine con il Messico.