Braddock, simbolo del sogno americano, diventata negli ultimi quarant’anni scenario apocalittico non è semplicemente la città della contea di Allegheny nello Stato della Pennsylvania (a mezz’ora di autostrada da Pittsburgh) che porta il nome del generale Edward Braddock. È stata il cuore pulsante dell’industria siderurgica americana fin dal 1872, quando Andrew Carnegie vi costruì l’acciaieria Edgar Thomson Steel Works. Un orizzonte di ciminiere e lo scorrere lento del fiume Monongahela definiscono la mappa di un luogo fortemente corroso dall’inquinamento ambientale, dalla crisi economica e dai suoi effetti nefasti sulla società (droga, cancro, povertà, suicidi) con una popolazione in netta maggioranza afroamericana. Della città e del collasso dell’industria siderurgica con il suo strascico di malessere parla, fin dalla fine degli anni ’70, l’attivista e filmmaker Tony Buba (che proprio a Braddock è nato nel 1943) e più recentemente – nel 2018 – Rosie Haber nei suoi documentari in episodi.
Nel 2009, inoltre, Braddock fu il set del film post-apocalittico The Road (2009) diretto da John Hillcoat (adattamento cinematografico del romanzo di Cormac McCarthy) in cui due sopravvissuti – padre e figlio – tentano di mantenere viva la civilizzazione, un po’ come fanno nella realtà il sindaco della città e la bibliotecaria di cui Mario Calabrese ha raccolto le storie nel libro La fortuna non esiste. Storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi (2009).

QUESTO STESSO SCENARIO è centrale nei lavori di LaToya Ruby Frazier (Braddock 1982, vive tra New Brunswick, New Jersey, Braddock e New York) a cui è dedicata la mostra personale LaToya Ruby Frazier, curata da Christophe Gallois al Mudam Luxembourg – Musée d’Art Moderne (fino al 22 settembre), a cui seguirà Last Cruze (a cura di Solveig Øvstebø e Karsten Lund) presso The Renaissance Society at the University of Chicago (14 settembre-1 dicembre) con un nuovo corpus di indagine sociale che l’autrice ha dedicato agli ex impiegati della General Motors di Lordstown in Ohio, vivendo con loro e le loro famiglie l’ansia e la precarietà del momento in cui l’annuncio della chiusura degli stabilimenti (in Ohio come pure in Michigan e Maryland), nel novembre 2018, è diventato effettivo nel marzo scorso. Famiglia, lavoro e comunità sono temi strettamente legati fra loro che attraversano tutta la ricerca dell’artista che ha studiato alla Edinboro University, conseguendo nel 2007 il Mfa presso il College of Visual and Performing Arts alla Syracuse University di New York. Vincitrice di numerosi riconoscimenti e premi, fra cui il Guggenheim Fellowship 2014 e il Gordon Parks Foundation Award 2016, LaToya Ruby Frazier utilizza prevalentemente il mezzo fotografico con uno sguardo nitido che affonda le radici nella tradizione della Farm Security Administration. Non è casuale che fra i suoi mentori citi Walker Evans, Lewis Hine, Dorothea Lange, Jacob Riis e l’eredità della fotografia umanista anche attraverso il lavoro di generazioni successive di fotografi come Lee Friedlander e Gordon Parks.

I CODICI LINGUISTICI della fotografia documentaria sociale, calibrati da una ricerca estetica basata prevalentemente sull’uso del bianco e nero, sono per lei un’esigenza di «scoperta dell’autenticità». Aspirazione e obiettivo presente fin dalla sua prima serie fotografica The notion of family (2001-2014): il libro pubblicato da Aperture è stato vincitore dell’Infinity Award – International Center of Photography di New York 2014. L’album di famiglia, in cui sono ritratte tre generazioni di donne in oltre un decennio – la nonna Ruby, sua madre e l’artista stessa prima adolescente e poi donna – diventa lo specchio di una società che si trova a combattere soprattutto contro il razzismo, la malattia e la crisi economica, ma non per questo di arrende. Portavoce della classe operaia, Frazier che mette in luce ciò che solitamente è sommerso, sposta la sua attenzione dalla città natale Braddock – dove «viverci è difficile perché per la popolazione di operai significa convivere con le malattie causate dal lavoro in fabbrica. Nella mia famiglia, ad esempio, mia nonna è morta di cancro, mia madre ha avuto il cancro e io ho il lupus. L’ospedale di sei piani è stato abbattuto ed è stato anche eliminato qualsiasi fondo a sostegno dell’emergenza sanitaria» – ad altri contesti. «Braddock è ovunque», afferma. Infatti, tra i lavori recenti c’è anche l’ambizioso progetto Et des terrils un arbre s’élèvera (2016-2017) realizzato nella regione del Borinage in Belgio, dalle cui miniere – nella metà del XIX secolo – provenivano oltre un milione di tonnellate di carbone. Una regione che è diventata fantasma quando, sessant’anni fa, le miniere furono chiuse. Anche il paesaggio entra nelle fotografie di LaToya Ruby Frazier insieme alle mani, ai volti della gente che ha vissuto quei momenti e che racconta storie quasi dimenticate.