«Pezo el tacón del buso» dicono i veneti, ed è di loro che parlava mercoledì sera a Latina il sottosegretario leghista Durigon quando ha proposto di «recuperare la storia di questa città restituendo il nome Mussolini al parco pubblico». La storia della bonifica dell’agro pontino che in gran parte fecero i veneti tra i quali gli avi del sottosegretario, il fedelissimo che Salvini sta tenendo in caldo per le prossime regionali del Lazio. Travolto dalle polemiche, ieri Durigon ha risposto con la proverbiale pezza peggiore del buco: «Penso che le radici della città di Latina non debbano essere cancellate».

La «radice» della dedica del parco ad Arnaldo Mussolini, fratello «più destro dei destri» di Benito risale all’epoca della fondazione della città, con il nome di Littoria. Quattro anni fa, l’attuale amministrazione di centrosinistra di Latina riuscì a intitolare il parco a Falcone e Borsellino, alla cerimonia – contestata da CasaPound e dagli amici di Durigon – intervenne anche l’allora presidente della camera Boldrini. Così adesso Durigon che vuole tornare indietro annuncia in pratica di voler rinunciare alla dedica ai due magistrati simbolo della lotta alla mafia. «Per me Falcone e Borsellino meritano più di un parco che oggi è anche mal curato», ha cercato di giustificarsi ieri. Nel frattempo però anche il suo campione per le comunali, il candidato scelto da tutto il centrodestra Vincenzo Zaccheo (che è già stato sindaco) lo aveva lasciato solo. «La furia ideologica del cambio dei nomi non mi appartiene – ha detto – non è che ogni sindaco che arriva cambia la toponomastica, io ho un passato nel Movimento sociale e abito in via Gramsci, non mi sono mai sognato di recuperare il vecchio nome della strada che era via regina Margherita». Poi però per non smentire troppo Durigon aveva aggiunto «Tutt’al più potremmo scrivere “parco Falcone e Borsellino, già parco Arnaldo Mussolini”».

Ma Pd, 5 Stelle e Sinistra italiana non credono che la vicenda si possa chiudere così. Soprattutto perché Durigon non è un leghista di seconda fascia, ma appunto sta al governo come sottosegretario all’economia. «Un politico totalmente al di sotto del ruolo istituzionale che ricopre. Un partito, la Lega, che rappresenta la peggiore destra europea, incapace di abbracciare i valori dell’antifascismo. Ecco perché siamo e restiamo alternativi, e abbiamo il dovere di batterli alle elezioni» dice il vice segretario del Pd Provenzano. «Le dimissioni del sottosegretario mi parrebbero a questo punto un requisito minimo di dignità, opportunità e senso delle cose», aggiunge il deputato Filippo Sensi. Alza la polemica anche il Movimento 5 Stelle. «La sua presenza al governo diventa inaccettabile – dice la capogruppo in commissione cultura Alessandra Carbonaro – le sue dichiarazioni sono un’offesa per tutti quelli che ogni giorno lottano contro la criminalità organizzata e per tutti quelli che credono nei valori dell’antifascismo». Il presidente della commissione cultura di Montecitorio, Mario Perantoni, anche lui 5 Stelle, annuncia un’iniziativa: «Ho ricevuto dal sindaco di Sant’Anna di Stazzema una proposta di legge di iniziativa popolare per vietare i simboli e la propaganda fascista, ancor di più dopo aver sentito il nome Mussolini associato ad una piazza pubblica sono convinto che è nostro dovere iniziarne l’esame immediatamente dopo la pausa estiva».

Una dichiarazione dura contro l’uscita del sottosegretario arriva anche dalla Cgil regionale e cittadina: «Proposta folle, inqualificabile e oltraggiosa». E la condanna finale arriva da Maria Falcone, sorella di Giovanni: «Le parole di Durigon lasciano allibiti, confidiamo che Draghi e i ministri prendano le distanze da una proposta che non merita neanche di essere commentata».