In questi tempi di caos e perdita dei riferimenti consueti, un’esoterica figura salvifica potrebbe essere quella del labirinto, unico territorio gravido di possibilità. Non i meandri in cui dissolvere se stessi senza più trovare una via di uscita, ma un dedalo del pensiero in cui riavvolgere il presente, cogliendo il senso profondo dei suoi conflitti.
Milovan Farronato, curatore del padiglione Italia alla 58/a Esposizione internazionale di Venezia, ha scelto proprio quel luogo denso di richiami letterari e filosofici per la sua mostra. Né altra né questa. La sfida al Labirinto è, infatti, il titolo che tiene insieme le opere dei tre artisti selezionati: Chiara Fumai (scomparsa nel 2017 a soli 39 anni), Enrico David (Ancora, 1966), Liliana Moro (Milano, 1961).
Se quello del «fauno» di Guillermo del Toro era una magnifica metafora dell’ottusità del franchismo – e delle capacità liberatorie dell’immaginario – il labirinto di Farronato gira intorno a una città incerta e in perenne movimento come «Venezia, indiscusso centro cartografico del Rinascimento, che viene descritta da Calvino come un luogo in cui le carte geografiche sono sempre da rifare, dato che i limiti tra terra e acqua cambiano continuamente».

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È proprio lo scrittore il nume tutelare del padiglione sia per il suo saggio del 1962 in cui l’indeterminatezza di quello spazio s’inverava in una infinita babele di linguaggi.
Così, agli esploratori sguinzagliati in Laguna dal direttore Ralph Rugoff, rispondono gli imprevedibili, artisti che coltivano dubbi e grovigli esistenziali avanzando lungo percorsi non lineari, «tastando» la conoscenza, dimentichi della performance competitiva dell’«arrivo». In fondo, i due progetti su cui s’imperniano la mostra centrale e il padiglione italiano  non sono poi così lontani e sembrano creare una rete di fitte corrispondenze.

In Né l’altra né questa Moro e David hanno disegnato dedali di stanze, passaggi, pertugi, luoghi rizomatici (con Fumai in siderale affinità elettiva), immaginandoli insieme all’exhibition designer Valerio Di Lucente. Il visitatore, disorientato, inventa una propria direzione di cammino e dello sguardo, divenendo un protagonista, quasi un performer, del gioco di specchi. Oltre a Calvino, per Farronato c’è un altro filosofo da tenere presente nell’arte combinatoria che determina il nostro destino e naturalmente è il danese Søren Kierkegaard.
La proposta di opere di Chiara Fumai, invece, non può che trasformarsi in un omaggio all’artista che si è tolta la vita nell’agosto del 2017. Le sue storie vanno a occupare quegli interstizi lasciati liberi tra finzione, magia e verità, come i suoi scarti femministi dalla cultura patriarcale attraverso parole ricamate, collage e personificazioni di individui (donne) poste ai margini.
Il calendario degli appuntamenti culturali preparato per il Padiglione Italia prevede un ciclo di talk al quale parteciperanno gli artisti selezionati e il docente Marco Pasi. «Una Biennale – ha detto il presidente Paolo Baratta – è un luogo deputato a favorire l’incontro tra il visitatore e l’opera d’arte. Un incontro diretto e mediato soltanto dall’intervento del curatore». Ora non resta che cogliere quella «sfida al labirinto».