Regine e re. Di cuochi. Sempre più in alto e sempre meglio per i nuovi sovrani d’Italia, gli chef per l’appunto. Fino al 5 giugno, presso la meravigliosa Palazzina di Caccia di Stupinigi vicino a Torino, la mostra Regine & Re di Cuochi sosterà nella prima e unica tappa italiana. Successivamente il progetto si recherà a Shanghai, Mosca, San Paolo, Chicago e Seul. È una mostra ambiziosa e come tale anche pericolosa. Per la prima volta, l’approccio al ruolo di chi lavora con il cibo si sposta su un livello diverso da quello finora sistematicamente perpetrato dal sistema food a livello mediatico. Complice forse l’effetto Expo e anche il tempo che riposiziona le cose nel modo giusto, oggi anche lo spettatore medio è pronto per capire la storia di ciò che sta nel suo piatto.

La rassegna ideata e promossa dall’Associazione Maestria, si è avvalsa di un comitato scientifico di altissimo livello. Come spiega Elisia Menduni, membro dell’Associazione, «Paola Rampini e Roberto Casiraghi di Ventundodici già produttori di Artissima, The others e varie mostre, oltre due anni fa hanno deciso di applicare la metodologia del racconto dell’arte alla cucina. In tanti abbiamo accettato la sfida: narrare i protagonisti della cucina italiana dal punto di vista dell’autorialità, il linguaggio, la filosofia, l’estetica e l’impegno sociale».

Alto è poi il tasso tecnologico-multimediale dell’esposizione con un forte carattere di interattività. Risultato, acquolina a non finire supportata da rumori, colori e suoni tipici delle grandi cucine, il tutto corredato con esposizioni di fotografie e materiale documentario tipo oggetti, menu, attrezzatura del mestiere. Regine e Re di Cuochi è divisa in sette sezioni dislocate in circa 2000 mq che affrontano la tematica cibo da tutte le parti fondanti e il cui corpo centrale è dedicato ai cuochi scelti tra i più significativi dal 1960 a oggi: i protagonisti di quella interessante evoluzione da cucina di trattoria a cucina d’avanguardia. Si spazia dalla ricerca all’ideazione delle diverse e più innovative tecniche, dal prodotto al rapporto con il team, dal design alla texture, agli abbinamenti.

C’è anche un dietro le quinte soggettivo: nei cilindri tematici, ogni chef ha scelto elementi precisi per rappresentarsi. E non di sola cucina si sono avvalsi. Troviamo sì i piatti ma anche articoli di giornale e cose personalissime, haiku esistenziali di una natura da professionisti. Non manca, ovviamente, il palcoscenico principale: la tavola. E sono presenti tutti i fuoriclasse, da Scabin ad Alajmo, da Iaccarino alla Klugmann, da Crippa a Cuttaia. A Vissani. A Marchesi. E poi, ci sono le ultime generazioni, i giovani cuochi. Perché, sostiene Menduni – «saranno loro a continuare il racconto, tramandando tradizione e cultura gastronomica».