Può succedere che un musicista europeo capiti in un villaggio sperduto dell’Africa o in un altro sparuto angolo del mondo e che la sua presenza in quel posto sia provvidenziale nel valorizzare la musica di quel luogo nel mondo esterno. È così che il batterista, Max Weissenfeldt, ha scovato il talento di Guy One come suonatore di kologo, antichissima chitarrina a due corde, e gran cerimoniere di matrimoni e funerali e lo ha portato per la prima volta fuori dall’Africa. Cosicchè, la prima uscita internazionale di questo trentenne musicista autodidatta, originario della zona rurale del Bolgatanga, non poteva che chiamarsi #1, fosse anche per esaltarne la reputazione. È musica frafra – dal nome dell’omonima etnia – ruvida e gracchiante: un insieme di canti che attingono dalle memorie tradizionali e ancestrali e dai racconti popolari, fatta di scale enigmatiche e melodie elettrizzanti, grappoli di note in loop, elastiche ritmiche funk e un tappeto di cori e percussioni, con Peter Brötzmann, al tárogató in Nongre, Nongre -Sugre, Sugre.