«La tavolozza a tavola»: si potrebbe sintetizzare così il connubio intrattenuto nel corso del Novecento fra pittura e trattoria. Connubio che è stato spesso esaltato da artisti del pennello e da ristoratori perspicaci e amanti del bello. C’è un locale a Venezia, da oltre novanta anni, in cui è rimasto costantemente acceso un faro sulla scena dell’arte moderna. La sua stagione aulica è stata quella del secondo dopoguerra, quando nelle sale dell’Angelo – questo il suo nome – si protraevano fino a notte tarda fervidi convivi i cui commensali partecipavano da protagonisti al dibattito culturale nazionale.

A QUEL LOCALE è ora dedicata la mostra L’Angelo degli artisti. L’arte del Novecento e il ristorante All’Angelo a Venezia (con libro-catalogo edito da Lineadacqua), promossa e allestita dalla Fondazione Querini Stampalia – nel quadro delle celebrazioni per i suoi centocinquant’anni di attività (visitabile fino al primo marzo).
Col ripristino dei princìpi democratici post-1945, Venezia si era rigenerata, tornando a esercitare il consueto ruolo attrattivo per le arti e la cultura – attraverso la presenza della Biennale, la Mostra del cinema, la Fenice, i musei, le istituzioni accademiche – confermandosi come punto di riferimento internazionale per molteplici personalità di passaggio dalla Laguna (Chaplin, Hemingway, Sartre, Fontana, De Chirico, Stravinskij, per ricordarne appena qualcuna).

UBICATO A POCHI PASSI da piazza San Marco, il locale era diventato aggregante soprattutto per una nuova generazione di artisti il cui impegno etico-sociale, oltreché culturale, poté essere svolto in un clima accogliente e informale, fortemente comunitario e in piena libertà espressiva. Furono anni straordinari all’Angelo, contraddistinti dalla nascita di avanguardie come il Fronte nuovo delle arti con l’adesione di pittori – Vedova, Pizzinato, Santomaso, Birolli, Turcato, Guttuso – e l’assidua frequentazione di mercanti, critici e collezionisti, come la facoltosa americana Peggy Guggenheim, che andò a stabilirsi in un palazzo (Ca’ Venier dei Leoni) con affaccio sul Canal Grande.
Le loro scorribande all’Angelo, nel generale dibattito artistico a cavallo dei decenni ’40 e ’50, fecero scuola e diventarono storia: ci si confrontava per scambiare esperienze, varare programmi e indirizzare tendenze, elaborare progetti e stilare documenti.
Un ambiente ideale insomma per instaurare rapporti e stringere amicizie, ma ciò non impediva che affiorassero vedute divergenti ed esplodessero fragorosi litigi, fino a rotture definitive. Il tutto, condito da comportamenti anticonformisti ed effervescenti, tenne sotto la luce dei riflettori i tavoli dei ristoratori-mecenati Renato e Vittorio Carrain, ossessionati dalla cucina e dall’arte, figli di Augusto che aveva aperto l’Angelo nei secondi anni venti.

TANTI GLI ARTISTI che «conquistati» dall’ospitalità dei Carrain e dall’esclusiva atmosfera che da loro si respirava, lasciarono disegni, schizzi e dipinti sulle pareti delle sale. Era un modo per bilanciare, tra un bicchiere e una pietanza, il piacere di un fascino che, se introvabile altrove, un luogo simile certamente sprigionava. Dei pagamenti in natura – il pranzo o la cena in cambio di un quadro – ce ne saranno stati e se ne è fatta pure parecchia letteratura: resta il fatto tuttavia che i ristoratori col pallino dell’arte, e con la vista lunga, non lesinavano spese per commissionare ad affermati pittori del periodo pretenziosi lavori che avrebbero reso più gradevole il loro locale. Un ristorante-galleria la cui notorietà avrebbe fatto lievitare nel tempo la clientela.

OLTRE A OPERE a tempera, olio, acquerello, inchiostro, matita e a tecniche miste, nella mostra (curata da Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin) sono esposte lettere, dediche, attestati, saluti e, poiché l’insieme ruota attorno all’Angelo, ossia un luogo del mangiare e del bere, anche menù, ricette e liste dei vini. Coloriti gli aneddoti sulle debolezze culinarie, specialmente, dei diversi personaggi che si rimpinguavano a quella mensa. Impreziosisce la rassegna un notevole corpus fotografico e documentario in gran parte inedito, prestato da fondi archivistici della città, con la quale è stato possibile ricostruire il contesto storico e del costume di quegli anni. Infine le pubblicazioni, attraverso le quali emergono necessarie informazioni per meglio inquadrare l’esperienza dell’Angelo in rapporto al tessuto sociale veneziano.

NEL RIPROPORRE una Venezia autentica, brulicante di vita autoctona e ricca di vivacità intellettuale (molti degli artisti che animavano l’Angelo erano veneziani veraci), la mostra vuole essere il primo esito di un progetto ampio che ha in cantiere altre iniziative espositive, riferibili alla storia di personaggi e luoghi del ristoro (trattorie, bar) novecenteschi propri della città lagunare.
Intanto, di contorno a «L’Angelo degli artisti», sono stati organizzati diversi incontri fino al mese di febbraio. Fra i temi, la vita culturale nella Venezia postbellica; il Fronte nuovo delle arti nel dibattito degli anni Cinquanta; i ristoranti e le gallerie veneziani; la vita della nuova Biennale.