Dopo il progetto di apprendimento Nuova didattica popolare ideato nel 2013, Pietro Gaglianò (critico d’arte e curatore), si cimenta con il libro La sintassi della libertà (Gli Ori), con cui attraversa il territorio impervio quanto rizomatico, della pedagogia radicale, disciplina sostanziale per la formazione del soggetto. Per indagarne le teorie e le strategie attitudinali che si sono sviluppate e avvicendate, l’autore sviscera situazioni e profili nodali che ascendono dal Situazionismo e il Living Theatre, passando per Bakunin e Pëtr Kropotkin, Paul Goodman, le Free School e Josef Albers fino ad approdare a Judy Chicago e a una costellazione di artisti contemporanei che ha intuito e praticato uno spaccato alternativo dell’esercizio educativo.

Non solo. L’autore incrocia una avanguardistica quanto discordante trattazione della pedagogia alla complessità delle esperienze educative libertarie, devianti dalla tradizione pedagogica e, in qualche modo, laterali al pensiero anarchico. L’andamento del volume, come l’autore specifica, segue «la criticità della conoscenza rispetto al potere e ai suoi nessi con la libertà che del potere è il termine antitetico, suggeriscono di riconsiderare la pedagogia nei passaggi in cui facendosi radicale ha rivelato la sua natura anarchica».

L’arte, in quanto disciplina che spinge alla sperimentazione e alimenta il desiderio di conoscenza, è il collante di questa alchimia. Nella febbricitante analisi è filigranata  la costruzione di «spazi liminali di libertà» così porosi e non standardizzati. Ecco che accanto alle vicissitudini del Rollins College, emerge il rivoluzionario Black Mountain College (1933-1957), aperto grazie all’attivismo di John Andrew Rice e Theodore Dreiser, nel tentativo di trasferire in Usa il prestigio della Bauhaus a Berlino, chiusa dopo l’avvento del Terzo Reich.

Il college, aperto nel Nord Caroline, era caratterizzato da un metodo di studio progressivo e multidisciplinare, innescato da menti eccezionali come John Cage, Merce Cunningham, Josef e Anni Albers, Robert Rauschenberg, Willem e Elaine de Kooning, Cy Twombly, Kenneth Noland, Susan Weil, Franz Kline. Non meno sperimentali risultano i progetti educativi che sorgono in seno alle istanze del femminismo anni Settanta: dall’Empowerment Education, inventato dall’artista Judy Chicago, improntato sull’interazione femminile attiva e poi sviluppato in un Feminism Program insieme a Miriam Shapiro, alla più recente New Genre Public Art dell’artista Suzanne Lacy.

Per citare Hannah Arendt: «L’educazione è il momento che decide se amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina che è inevitabile senza rinnovamento…». Il volume indaga anche le nuove metodologie formative diluite in progetti, stage, workshop o scuole di artisti come Valerio Rocco Orlando, nella sua costante esplorazione di un modello utopico e alternativo di trasmissione delle conoscenze dentro e fuori il sistema scolastico attraverso la dinamica di insegnamento e apprendimento (Quale educazione per Marte?), Marinella Senatore con The School of Narrative Dance, la scuola nomade e gratuita che propone un sistema di insegnamento basato sull’inclusione e l’auto-formazione dello studente, di Thomas Hirschhorn, Tania Bruguera, Mark Dion ed altri.