Ieri gli incontri a Roma. Prima in Vaticano con papa Francesco, poi al Quirinale, da Giorgio Napolitano. Oggi e domani, Vladimir Putin sarà invece a Trieste, dove si celebra il vertice bilaterale tra la Russia e l’Italia e dove, tra notevoli misure di sicurezza, si terrà una fitta rete di incontri tra i ministri dei due governi.

L’appuntamento blinda ancora una volta una certezza granitica: la continuità, producente, nei rapporti tra i due paesi. Il presidente russo, in Italia, ha sempre potuto contare su interlocutori attenti. Il legame intimo con Berlusconi è cosa risaputa. Ma l’uomo forte di Mosca ha trovato buone sponde anche presso gli altri uomini che nel corso degli anni hanno occupato le stanze di Palazzo Chigi. È il caso di Romano Prodi (tra l’altro i due ieri hanno tenuto un colloquio), come di Mario Monti. L’ex primo ministro, nel luglio del 2012, si recò a Mosca e appose la sua firma su un lungo elenco di accordi su poste, turismo, energia e costruzioni, sbandierandoli come un esempio concreto di economia reale.

Con Enrico Letta non c’è bisogno di rompere il ghiaccio. I due si sono già stretti la mano a Mosca lo scorso maggio. A Trieste toccheranno i temi già affrontati in quell’occasione. Partendo dalla solida sicurezza delle relazioni economiche e commerciali. Negli ultimi anni hanno conosciuto un fortissimo incremento. L’interscambio è salito a 27 miliardi di euro nel 2011 e a 28 nel 2012. Quest’anno dovrebbe crescere ancora. Letta cercherà, c’è da credere, di perorare la causa dell’export italiano. Non soltanto perché la Russia, tra i paesi Brics, è quello che ne assorbe più prodotti (10 miliardi di euro nel 2012). È che le esportazioni, con il crollo dei consumi interni, sono una delle poche carte che l’Italia può giocare con efficacia. È possibile immaginare che Letta, cautamente, possa chiedere al presidente russo di aprire maggiormente alla penetrazione delle imprese italiane in Russia, dove la corruzione e l’eccesso di burocrazia costituiscono due ostacoli non così irrilevanti, messi in evidenza, in coro, da Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, banche e think tank.

Si discuterà anche di turismo. Sia dalla Russia verso l’Italia, che dall’Italia verso la Russia si riscontrano incrementi nei flussi. Si potrebbero trovare degli accordi sui visti, che incentivino ancora di più il settore. Ma il loro eventuale alleggerimento potrà avere riflessi positivi anche sui commerci.

Un passaggio importante, immancabilmente, sarà quello dell’energia. È il settore dove la collaborazione è più rodata. Proprio nei giorni scorsi s’è verificato un fatto di una certa importanza. È stato inaugurato il tratto serbo del gasdotto South Stream, la pipeline che correndo sul fondale del Mar Nero e risalendo tutta la dorsale balcanica arriverà al Tarvisio, da dove l’oro azzurro russo verrà smistato nel resto dell’Europa occidentale. Eni ha una partecipazione nel segmento offshore del progetto, vale a dire nelle condotte che si snodano sul fondale del Mar Nero. Letta, a quanto s’apprende, ribadirà l’impegno italiano su South Stream, che dovrebbe iniziare a operare a pieno regime nel 2016 e che bypasserà i tubi ucraini, tradizionale cinghia di trasmissione tra l’energia russa e i mercati comunitari, soggetta però alle relazioni altalenanti tra Kiev e Mosca. L’interesse russo è vendere gas con maggiore sicurezza ai clienti europei.

L’incognita, tuttavia, è la procedura che Bruxelles ha aperto verso Gazprom, le cui esportazioni infrangerebbero le normative comunitarie sulla concorrenza. È in corso una verifica. Dovrebbe terminare la prossima primavera, proprio alla vigilia del semestre italiano di presidenza dell’Ue. Non è da escludere che Putin chieda a Letta di vedere se è possibile evitare il cartellino giallo o peggio ancora, il rosso.

Come non è da escludere che Letta possa informarsi da Putin sul caso di Cristian D’Alessandro, l’attivista italiano di Greenpeace. È stato rilasciato su cauzione, ma il procedimento a carico suo e degli altri ambientalisti fermati lo scorso settembre a bordo della Arctic Sunrise, mentre protestavano contro le attività petrolifere di Gazprom nel Mar di Barents, non è stato archiviato. L’accusa è quella di vandalismo. In caso di condanna la pena può arrivare a sette anni.