La scritta «Renzi non ti vogliamo, vattene» campeggia grossa su uno striscione. Ed è il biglietto da visita dell’Abruzzo per il premier, la cui visita a L’Aquila, devastata dal terremoto del 6 aprile 2009, sfocia in una decisa contestazione.

In una quasi rissa, con feriti e malori e autoambulanze arrivate per i soccorsi. E il primo ministro costretto, alla fine, a defilarsi da una porta di servizio, perché all’esterno urlano contro di lui, la sua politica e il suo governo.

La città è blindata: non si passa. Transenne ovunque, anche per i giornalisti. Vengono tenuti a debita distanza da palazzo Fibbioni, di proprietà del Comune, nel cuore del centro storico, dove impazza la consueta sfilata di politici, soprattutto Pd, e dove è prevista la tappa iniziale del presidente del Consiglio: è la sua prima volta a L’Aquila. La presenza di Matteo Renzi era stata annunciata più volte, e poi sempre smentita, da circa un anno e mezzo.

Temi centrali del summit con le istituzioni del territorio saranno, in particolare, i fondi governativi per la ricostruzione post-sisma e il problema della restituzione di tasse e contributi sospesi dopo il disastro. Ma il tour e il programma previsti vengono presto accantonati. Perché scoppia la protesta.

Grida, le forze dell’ordine cominciano a correre, i cronisti che rompono gli sbarramenti dietro i quali sono stati relegati. Ad aspettare al varco Renzi comitati di residenti e l’Unione degli studenti.

«Veniamo chiamati a fare da spettatori all’ennesima passerella istituzionale sul nostro suolo» dice William Giordano, coordinatore dell’Unione degli studenti L’Aquila, «Alle promesse mai mantenute sui tempi della ricostruzione e alla futile ricerca di consensi e mediaticità da tempo opponiamo percorsi di partecipazione attiva e reale. Non è un caso se qui sono stati raggiunti picchi di mobilitazione contro un modello autoritario di scuola e il definitivo smantellamento della scuola pubblica. Renzi ha dimostrato di procedere per forzature democratiche e di rifiutare il confronto. Per questo a L’Aquila non è il benvenuto».

In prima linea il Coordinamento No Ombrina con bandiere e striscioni bianco e azzurri, il Wwf, Legambiente e i «No triv»: tutti contro la perforazione di pozzi di petrolio in Adriatico, e in particolare a ridosso delle Costa dei trabocchi, in provincia di Chieti, in luoghi protetti e di bellezza unica. Ci sono il comitato «3 e 32» e una delegazione contro il gasdotto Snam di Sulmona.

Il parapiglia inizia sotto i portici di via San Bernardino. «Renzi, Renzi fuori dall’Abruzzo», viene ripetuto. Con il cordone delle forze dell’ordine sempre più massiccio. Arrivano le squadre antisommossa. «L’Aquila libera, mai la mafia, non la vogliamo».

I manifestanti vengono accerchiati e respinti, ci sono tafferugli e nella foga c’è chi sviene e finisce sull’asfalto: un uomo sarà soccorso e caricato in ambulanza e portato in ospedale. «È inaudito quello che sta accadendo» tuona Maurizio Acerbo, di Rifondazione comunista «Si prendono a botte cittadini che volevano soltanto avere un confronto civile».

Poco in più in là, nei pressi della villa comunale, vanno in scena gli scontri. «Via Renzi il petroliere». Forse c’è qualche lancio di pietre, forse no. «Hanno tirato sampietrini addosso alle forze dell’ordine», dirà il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso.

L’Aquila si… surriscalda. Ci sono manganellate e uova che volano di qua e di là. Da un lato la folla, dall’altra la polizia. Che picchia. Ci sono ragazzi colpiti alla testa, che debbono far ricorso alle cure, un’agente ricoverata per la frattura del setto nasale.

È il marasma e così Renzi, per motivi di sicurezza, salta il primo appuntamento e viene dirottato, in fretta e furia, verso la sede del Gran Sasso Science Institute, sempre in centro città.

In questo luogo, il premier avrebbe dovuto avere un secondo ed ultimo appuntamento con i sindacati e con le associazioni di categoria, in particolare quelle imprenditoriali e commerciali.

Impazzano i cori di critica, pesanti i toni: «Non vogliamo le lobby»; «Non ci piace lo Sblocca Italia che devasta i territori»; «Vogliamo la ricostruzione dell’Aquila».

«Renzi distrugge l’ambiente che è il nostro pane e quello delle nuove generazioni» affermano Franco Mastrangelo e Alessandro Lanci, in prima linea contro la piattaforma petrolifera Ombrina mare.

«È venuto un emissario del Pd a chiederci se tre di noi volevano incontrare Matteo Renzi. Ma gli abbiamo detto: no, grazie. Non facciamo selfie con un premier che ha dato il via libera alle trivelle ammazza-Adriatico con il sì alle perforazioni petrolifere offshore» riferisce Augusto De Sanctis, del Forum Acqua Abruzzo, «Invece di discutere con noi» conclude, «rispetti la volontà popolare di tutte le regioni adriatiche che si oppongono alla deriva petrolifera».