Meno fucili e meno bombe, più libri e più quaderni. È l’appello ai governi di papa Francesco che, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2022, denuncia come nel mondo si spenda sempre più in armamenti e sempre meno in scuola. Ed esorta a ribaltare le proporzioni: gli Stati taglino le spese militari e investano in istruzione (più o meno quello che da anni dice in Italia la campagna Sbilanciamoci!).

«NEGLI ULTIMI ANNI è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti. Eppure, esse costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale: rendono la persona più libera e responsabile e sono indispensabili per la difesa e la promozione della pace», si legge nel messaggio del pontefice. «Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della guerra fredda, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante. È dunque opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti», «liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio».

È UN MESSAGGIO quello di Francesco per la cinquantacinquesima edizione della giornata “inventata” da Paolo VI nel 1968 in cui emerge un marcato «pessimismo della ragione», con il quale si fotografa la realtà di un pianeta caratterizzato da «inequità» – per utilizzare un termine bergogliano – e ingiustizia sociale. «Il cammino della pace», esordisce il documento, rimane «lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa»: «si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale. Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace». Ma c’è anche «l’ottimismo della volontà», per la costruzione di una «pace duratura», fondata sull’«istruzione come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo», sul «dialogo tra le generazioni» e sul «lavoro per una piena realizzazione della dignità umana».

«DIALOGARE fra generazioni per edificare la pace» secondo il pontefice significa soprattutto ascoltare i giovani dei movimenti che si battono contro i cambiamenti climatici e per la salvaguardia del pianeta. «Lo fanno con inquietudine e con entusiasmo – scrive Francesco -, soprattutto con senso di responsabilità di fronte all’urgente cambio di rotta, che ci impongono le difficoltà emerse dall’odierna crisi etica e socio-ambientale».
Il mondo del lavoro è messo a dura prova dalla pandemia: «milioni di attività economiche e produttive sono fallite, i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili» e ancora peggio stanno i «lavoratori migranti», molti dei quali «non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero, vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga».

La scorsa settimana, parlando ai giuristi cattolici, Bergoglio aveva fatto esplicito riferimento ai «braccianti, ’usati’ per la raccolta dei frutti o delle verdure, e poi pagati miserabilmente e cacciati via, senza alcuna protezione sociale».
Le responsabilità sono dell’impresa e della politica, conclude Francesco il proprio messaggio. La prima sappia «promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato», «il profitto non sia l’unico criterio-guida». E la politica svolga «un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale».