Uno spettacolo prodotto dal Biondo di Palermo, passato da Roma all’India in questa stagione, di cui però vale ancora la pena parlare. Perché l’autore (del testo e della regia) Giuliano Scarpinato racconta le situazioni di una storia vera, la sua, quella dei genitori e del suo rapporto con loro, e contemporaneamente quella di un pezzo d’Italia molto particolare: la Sicilia assediata dalla mafia e da codici antichi e corruttivi che determinano, ancora oggi, scelte forzate e condizionamenti superabili solo con grande fatica. I suoi genitori infatti sono stati entrambi procuratori al tribunale di Palermo, dove lavoravano con Falcone e Borsellino, e quella attività dominava ovviamente le loro vite anche nel privato.

ORA ENTRAMBI in pensione dalla magistratura (ma il padre è oggi parlamentare) vengono raccontati dal figlio attraverso questo lavoro, una «biografia» che in realtà è popolata da incubi, emozioni, sorprese e frustrazioni che gli italiani (magari senza conoscerli di persona) hanno vissuto insieme a loro. Insomma lo spettacolo ha tratti di autobiografia collettiva, perché quel microcosmo visto da Palermo è l’Italia intera, un insieme di pulsioni e passioni, e anche di dubbi e fraintendimenti. Sempre intenti a vincere sia lo scoramento che la «resa». Attori capaci di dare spessore a quei rapporti familiari e generazionaliL’aspetto davvero «extraordinario» dello spettacolo, dal titolo Il tempo attorno («inventato» ed elaborato come un possibile film che facilmente ne sarebbe lo sviluppo) è quello di approfondire una vicenda familiare in una sorta di «autobiografia» collettiva, capace di chiamare ogni spettatore a una qualche «resa dei conti» con se stesso e con la propria vita civile. Lo spettacolo, di cui appunto Giuliano Scarpinato è autore e regista, non ha nulla di minimale: una scenografia incombente e un gruppo di attori eccellenti, capaci di dare spessore a quei rapporti familiari e generazionali che pure raccontano un paese colto in uno dei suoi lati più feroci, criminalità contro vita quotidiana. Si parla di cose di tutti i giorni, come in ogni famiglia, ma una forza elettrica, civile e appena velatamente anche storica, mantiene viva la tensione.

ACCENTUA e favorisce l’umanità di quel tessuto teatrale la bravura, sobria ma puntuta, degli attori, ai quali forse l’autore aveva già pensato in fase di scrittura. Protagonisti nel racconto in palcoscenico due nomi che sarebbe bello vedere più spesso in scena: Roberta Caronia e Giandomenico Cupaiuolo, a fianco a loro Emanuele Del Castillo. Grazie a loro quel difficile equilibrio tra i due magistrati viene ben bilanciato tra vicende personali, intellettuali, professionali e «di coppia», rafforzando un aspetto con l’altro, tra quotidianità e civile performance.

Una bella prova di maturità e di ricchezza narrativa per l’autore, che prima ancora degli studi teatrali in Accademia, aveva avuto tra i primi maestri Carlo Cecchi: memorabile una delle sue primissime performance, proprio in Sicilia, in uno degli ultimi e più politici testi di Harold Pinter, Il nuovo ordine del mondo, in cui lui, che impersonava tutte le vittime politiche del mondo attuale, prendeva dal «nuovo ordinatore» una sequenza ininterrotta di botte e schiaffi da vera vittima sacrificale di un ordine sociale di cui lo scrittore inglese denunciava la totale, ignorante e cieca violenza.  Con notevole sottigliezza ora è qui lui, in veste di autore, a cercare il filo dell’umanità dentro la sua vita familiare e sociale. E naturalmente artistica. Un’occasione che si spera di veder ancora girare, grazie al teatro palermitano che l’ha prodotto.