Già un’ora prima dell’inizio la piazza San Giovanni è piena di gruppi, da sotto il palco all’ingresso. Poi man mano si riempie, anche nelle vie laterali. Incontro Paolo Flores d’Arcais che nota la presenza di molti anziani, ricordando la piazza zeppa dei girotondini. Mi colpisce un «sardinonno», oltre a «Viva le sardine. Abbasso gli sgombri». Ci sono poeti come Luca Archibugi e Paolo Del Colle con la sua scolaresca, fotografi come Dino Ignani. Ci sorridiamo con Erri de Luca e Santoro.

Mentre si canta Bella ciao, quella originale e qualcuno dal palco legge articoli della Costituzione. La voce però non arriva in fondo e allora si torna a cantare Bella ciao. Mi sembra un abbraccio tra la vecchia e la nuova generazione antifascista e democratica, uniti da cose primordiali, che la retorica politica aveva seppellito. Mattia vuole cancellare il decreto sicurezza.

La novità è nelle facce serene, come di chi finalmente ritrova la sua gente che sembrava dispersa. Non è proprio una comunità ma si avvicina molto a qualcosa di simile. Gli anziani cercano panchine per sedersi. Non hanno più la forza di stare in piedi per molto tempo come i giovani. E io mi ricordo che nel Sessantotto un esimio filologo leopardiano scrisse che la rivoluzione non è cosa per vecchie nemmeno le corse a perdifiato per sfuggire ai celerini.

Così ho trovato anch’io una panchina per sedermi e ascoltare, felice di stare tra gente che condivide con me innanzitutto l’antifascismo, che di questi tempi non è poco. Un anziano delle Marche si raccomanda soprattutto la salute. Poi inizia il balletto delle cifre. Alle cinque del pomeriggio le sardine sfiorano le centomila.

Qualcuno dice che forse siamo un poco di meno, ma la piazza continua a riempirsi. Roma no si lega e non abbocca. Qualcuno dice che è la piazza dei social, di chi su facebook si chiama a raccolta. È la televisione che divide. A Bologna è cominciato così, no?