Nel 2008 il giapponese Kunio Kato vince l’oscar come miglior cortometraggio animato per La Maison en Petits Cubes, portando così all’attenzione internazionale un’animazione nipponica diversa da quella che di solito è più conosciuta a livello internazionale. Esiste una zona infatti, ampia e non particolarmente esplorata, se non da parte degli esperti del settore, che si estende al di là di quello che si definisce generalmente con il termineanime. Sempre per restare in questo millennio, nel 2002 Koji Yamamura fu nominato nella stessa categoria per il suo Mt. Head che avrebbe conquistato altri premi prestigiosi in giro per il mondo e 5 anni dopo avrebbe realizzato uno dei migliori e più interessanti corti animati degli ultimi anni, Franz Kafka’s A Country Doctor, ispirato all’omonimo racconto dello scrittore praghese. Nell’arcipelago giapponese quindi esiste una tradizione di cortometraggi animati sperimentali molto importante che comincia fin dall’arrivo del cinematografo in Giappone, ma che trova piena espressione a partire specialmente dagli anni sessanta del secolo scorso. Uno degli artefici di questa «nascita» è senza dubbio Yoji Kuri, considerato a ragione uno dei padri dell’animazione del Sol Levante, assieme ad altri due artisti, Ryohei Yanagihara e Hiroshi Manabe, Kuri nel 1960 formò un gruppo chiamato Sannin no Kai con cui nell’arco di tre anni organizzò degli eventi in giro per il Giappone con cui mostrare i propri lavori, sempre a metà strada tra arte e prodotto amatoriale, nel senso dato da Andre Bazin al termine.

Personaggio a tutto tondo, Kuri presentò molte delle sue opere, non solo animazioni ma anche sculture, pitture e performance, in giro per il mondo, del 1962 è la sua collaborazione con il musicista Toru Takemitsu per Clap Vocalism, opera che vista oggi ha indubbiamente dei tratti di misoginia e sessismo, con cui vinse dei riconoscimenti ad Annecy ed a Venezia. Kuri proprio un paio di settimane fa ha compiuto 90 anni e per festeggiare l’evento è stata organizzata una retrospettiva a Tokyo per questo fine settimana, dove saranno proiettate alcune delle sue opere più famose. Un’ ottima occasione anche per i più giovani per (ri)scoprire la variegata opera di uno dei più importanti animatori asiatici, lavori che in qualche modo, per il loro gusto surreale e grottesco, hanno anticipato certa poetica periferica e «aliena» come quella del capolavoro lisergico Il pianeta selvaggio (La planète sauvage) di Roland Topor e René Laloux. Del 1972 è infatti The Midnight Parasites, un corto animato a colori dove in un paesaggio alieno si muovono personaggi, o solo brandelli dei personaggi, che vengono divorati, digeriti, espulsi e di nuovo creati.

Una sorta di festa delle atrocità che molto ricorda i quadri ed i mondi crudeli di Hieronymus Bosch, il trittico del Giardino delle Delizie su tutti. L’uso del suono nei suoi cortometraggi è inoltre degno di menzione, oltre al già citato Toru Takemitsu, che ricordiamo è uno dei compositori sperimentali che hanno accompagnato lo sviluppo del cinema giapponese del dopoguerra, specialmente noto è il suo connubio con Hiroshi Teshigahara, Kuri ha spesso collaborato con altri artisti, fra cui una ancora giovane Yoko Ono. Al di là del medium animato Kuri è stao anche un cineasta impegnato in sperimentazioni dal vivo, in questo senso uno dei suoi lavori più interessanti è Isu (Sedia) corto in cui varie persone di diversa estrazione socile si siedono per un paio di minuti su una sedia. Molti di questi lavori sono visibili in rete e ciò che sorprende è che specialmente i suoi corti animati non hanno perso quasi nulla del loro tono iconoclasta e sarcastico che li animava quasi 60 anni fa.

matteo.boscarol@gmail.com