«A Ricce è bbelle assaie/ e ch z’a scòrde maie…/Ché c’enna fa i paise/de tutte ‘stu Mulise?» Chiunque sia nato in un piccolo territorio centromeridionale, negli anni 50-60, ha conoscenza di bande musicali paesane e gruppi di folklore popolare, spesso dediti a repertori locali tradizionali. Riccia è una microcomunità, poco più di 5000 anime, circondata da splendidi boschi, in provincia di Campobasso, area preferita di un festoso universo di voci e canzoni, dialetto e poesia, un villaggio di cantastorie, uno di quei centri che vivono di musica, come Castelfidardo per la fisarmonica e Viggiano per l’arpa.
A Ricce è bbelle assaje, una sorta di inno collettivo, scritto a inizio ‘900, è il simbolo di una collettività rurale, in quell’angolo di Fortore tra il Sannio e la Sabina, assediata dall’indigenza e dallo spopolamento, con un’antica produzione sonora, di autori e poeti d’area risalenti molto indietro (spesso rifacendosi ai canoni della canzone napoletana dando vita a diverse Piedigrotte molisane. E i due campioni regionali, Fred Bongusto e Ugo Calise, hanno lasciato il cuore nel golfo blu).

TRA I COMPOSITORI, svetta Giuseppe detto «don Peppenelle» Moffa, ex sindaco di Riccia, esponente della borghesia terriera e principalmente autore di tantissimi brani in molisano. Nel 1972 lo storico gruppo folk cittadino assunse il nome in suo onore, Giuseppe Moffa, retaggio di quella cultura locale della bellezza (evocata da Alan Lomax che, nel dopoguerra, esplorò solo l’Abruzzo), fondata su abitudini secolari. Il gruppo folk Giuseppe Moffa è il protagonista di Pu sone e pu ballà, 100 anni di canzoni a Riccia, un secolo di storia cantata, riletta e aggiornata dal gigante buono della zampogna, Giuseppe «Spedino» (soprannome che viene dal nonno Espedino) Moffa, omonimo del compositore di fine ‘800 e arrangiatore di tutto il disco (acquistabile su https://spedino.bandcamp.com).
Diplomato in chitarra al conservatorio, Spedino ha una passione incendiaria per il blues (come dimostra rielaborando Premavere in chiave diabolica) e il jazz (A Prevele de Nunziate, con una fisarmonica colorata di klezmer e manouche). Naturalmente è figlio d’arte (il padre costruiva i bufù, un tamburo a frizione, non troppo diverso dal putipù e dalla caccavella d’origine partenopea) e polistrumentista, gran vena cantautoriale, giunto in finale col suo precedente cd, Terribilmente demodè, al Premio Tenco 2015 per l’album in dialetto, in grado di fare l’intrattenitore andando in giro per novene o il ricercatore di folk arcaico-pastorale o il suonatore d’organetto al matrimonio di campagna. Tutto nel segno di una contaminazione vivace e irrituale, motivata solo dal piacere di fare musica assieme. Questo è il tratto caratteristico degli undici brani di questo cd autoprodotto -tutti eseguiti da musicisti e cantanti locali, come zio Peppino «u fioraio» e Michele «u barbiere» ma pure gli esperti, il tastierista Primiano di Biase e il fiatista Mario Caporilli.

E DOVE ci si sbizzarrisce, con una pluralità di stili, tra tarantelle ricciulane e serenate dispettose, ballate sentimentali e stornelli licenziosi, coinvolgendo altri musicisti locali rappresentativi come gli zampognari di Scapoli («capitale» per la costruzione artigianale degli aerofoni a sacco), i musicisti delle Maitunate di Gambatesa (protagonisti dei canti satirici rituali del Capodanno) e i suonatori di mandolini dell’orchestra di plettri di Ripalimosani. Seguendo i rituali del calendario, la Befana, il Carnevale, la trasmissione della memoria contadina può essere occasione di schermaglie amorose (‘Ncoppe U Cummente, Vulantina Vulantine, stessa ispirazione della digiacomiana Palomma ‘e notte) o evocazioni della bellezza del paesaggio montano (Da u vosche da Riccie).
Su tutto un allargamento dell’orizzonte culturale, accogliendo nuove sonorità, già messo in pratica da Spedino con la Zampognaorchestra, un quartetto di sole pive che aveva pubblicato un cd, Produzione propria dove i tradizionali natalizi e le sonorità popolari si mescolavano col rock e le polifonie corse, in un mirabolante lavoro d’artigianato musicale. «Frastere, se ttu passe pu Mulise/ de questa terre cumm’u paravise/ purtete u verde de sti vosche fute/purtete a rise, purtete i salute».