La porta di via Fanti, sede dell’Unione industriale a Torino, probabilmente è l’entrata di un tunnel temporale. Qui il tempo è fermo a tre anni fa, forse anche prima, periodo in cui la Fiat ha iniziato a convocare i sindacati per illustrare i famosi Piani di Rilancio. E le scene sono da sempre uguali. La Fiat annuncia in pompa magna, grandi tavoli vengono apparecchiati con bottigliette d’acqua, poi l’incontro, i commenti trionfali dei sindacati filo Fiat, ampi dubbi da parte della Fiom. Da tre anni almeno il piano di rilancio che la Fiat presenta, pardon Fca, è un atto di fede. Ultimamente c’era stata la novità seconda cui la “trattativa” era diventata un evento intimo tra azienda e sindacati “moderni”, novità ieri rientrata. Così dopo qualche tempo è arrivato all’Unione industriale il segretario della Fiom, Maurizio Landini.

Le parole di Maurizio Landini, tra ampi scuotimenti di testa, al termine dell’incontro sono state: «È positivo che ci sia stato un incontro e che si stiano riprendendo relazioni che riaprono un percorso, ma nel merito restano delle preoccupazioni e rimangono ancora diversi dubbi».

Il segretario Fiom ha poi aggiunto: «Il piano si fonda sul rilancio dell’Alfa Romeo e sulla costruzione di alcuni modelli Jeep anche in Italia con cui pensano di saturare da qui al 2018 gli impianti e gli occupati, ma poi non sono entrati nel dettaglio su dove verrebbero fatti i modelli, su come si sostanzierebbero queste cose e sugli investimenti e la certezza del completamento del piano».
L’azienda non fornisce dettagli da anni, non è una novità. E come tutti sanno, gli stabilimenti a rischio sono Cassino e Mirafiori.

Ma la Fiat chiede atti di fede e dichiara a sua volta: «Il nuovo piano si fonda sul rilancio di Alfa Romeo e sulla costruzione di alcuni modelli Jeep anche in Italia». Anzi, rispetto ai piani degli anni precedenti, l’ultimo appare ancor più aleatorio e vacuo. Infatti, sempre il segretario della Fiom sottolinea: «Nessuno di noi pensa che le affermazioni della Fiat siano negative ma, siccome di piani ne abbiamo visti tanti, continuiamo a denunciare che a tutt’oggi non abbiamo risposte sul tipo di applicazione di questo piano, su dove si fanno i modelli, su quando li si fanno, in che stabilimenti e con che tempi vengono messi in produzione. Siamo di fronte al fatto che continua la cassa integrazione – prosegue Landini – e che, se va bene, si supera tra qualche anno».

Ma ieri più che in passato è apparso evidente che la dirigenza Fiat ormai ha la testa altrove, fisicamente e psicologicamente. Torino è sempre più un territorio di confine ai margini dell’impero, per di più oggi governato dalla coppia Fassino-Chiamparino, da sempre filo Marchionne. Che poi quest’ultimo non abbia mantenuto alcuna promessa fatta per Mirafiori è un fatto secondario.

Di fronte allo stallo, il segretario della Fiom ha lanciato un appello al presidente del consiglio Matteo Renzi: «Ci rivolgiamo alla Presidenza del consiglio e al governo perché stiamo discutendo di un punto decisivo e sarebbe necessaria da parte loro una iniziativa autonoma su questo tema. Visto che Renzi ha parlato di piani straordinari di investimenti, sia lui a fare per la prima volta una cosa che gli altri governi non hanno fatto: prenda lui l’iniziativa di mettere tutti intorno a un tavolo e discuta del futuro dell’industria del nostro Paese».

Ogni premier in passato si è sempre tenuto a distanza di sicurezza dalla Fiat e dalle mosse del suo ad. Marchionne ieri si è sbilanciato con una dichiarazione d’amore verso il capo del governo e segretario del Pd: «Sono felice di come sono andate le votazioni, è un passo avanti. Si comincia da qui». Mentre sugli investimenti per Mirafiori ha sfoderato un passo da imbonitore: «Facciamo passi vanti ovunque».

Federico Bellono (Fiom Torino) si è rivolto invece al neo governatore del Piemonte Sergio Chiamparino: «Serve un segnale politico del nuovo presidente della Regione. Serve maggiore attenzione da parte del governo ma anche dal nuovo esecutivo piemontese. La cassa integrazione proseguirà per qualche lavoratore fino al 2018 e da un punto di vista sociale questo non è secondario: anche per questo servirebbe una iniziativa immediata del nuovo governatore del Piemonte. Chi ha responsabilità di governo nazionale e locale si faccia sentire».