Se il governo Draghi non risponderà alla richiesta di confronto sulla riforma delle pensioni e su quella fiscale, a cominciare dall’incontro previsto domani, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ieri ha detto che Cgil, Cisl e Uil «faranno assemblee nei luoghi di lavoro e potremmo anche valutare tutte le iniziative di mobilitazione necessaria». Parlando ieri sera a «Futura» a Bologna. Landini ha esplicitato la richiesta di aprire in vista della legge di stabilità che nella «una discussione per riformare le pensioni, non solo quota 100. Così come necessaria la riforma del fisco con meno tasse per lavoratori e pensionato, aumentando il netto in busta paga, e aumentare la lotta all’evasione». Sullo smart working, uno dei capitoli del «patto per l’Italia» proposto ai sindacati da Carlo Bonomi (Confindustria) Landini ha detto che «il problema non è fare la legge sullo smart working, ma la contrattazione nei contratti nazionali di tutti gli aspetti della prestazione lavorativa. Io devo essere un lavoratore che se ho dei diritti lavorando in presenza devo averli uguali anche se lavoro in smart working». Nel piatto c’è anche la norma sulle delocalizzazioni sulle quali Landini prefigura una «battaglia del sindacato europeo».

Il segretario della Cgil ha invece scoperto l’elefante nella stanza del piano di ripresa e resilienza: la precarietà del lavoro sulla quale nessuno sembra intenzionato a intervenire. A cominciare dal Jobs Act di Renzi che oggi fa la parte del “King maker” del governo Draghi. «La precarizzazione del lavoro è stata accompagnata anche da una cultura che ha cercato di far credere che pur di lavorare devi accettare qualsiasi tipo di condizione e devi ringraziare se vuoi lavorare. Credo che questa cosa la dobbiamo mettere in discussione radicalmente – ha detto Landini – C’è la necessità di cambiare delle leggi sbagliate come il Jobs Act. Bisogna arrivare alla conquista di un nuovo statuto dei lavoratori che affermi i diritti in capo alle persone e non al lavoro». E’ possibile che, oltre a un prevedibile “No”, a questa esigenza strutturale nella vita delle persone non arriverà una risposta chiara. Sarà interessante, in questo caso, vedere se i sindacati lanceranno una mobilitazione. A tale proposito ieri Landini è sembrato determinato: “Se qualcuno pensa di usare questa ripresa e gli investimenti per aumentare la precarietà o per ridurre il ruolo del lavoro – ha detto – Noi siamo pronti a fare il nostro mestiere e, se necessario, non solo a riprenderci le piazze seduti e ordinati, come stasera, ma anche a riprenderci le piazze per cambiare questo Paese e per affermare una democrazia fondata sul lavoro».

L’incontro tra il governo e i sindacati previsto domani verterà sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro. Il 2021 è destinato a un nuovo tragico record di morti sul lavoro. «Quello che sta avvenendo è una strage. Non passa giorni che non ci siano morti sul lavoro. Si continua a morire come si moriva 30-40 anni fa – ha detto Landini – C’è un problema di cultura. Bisogna pensare che la salute e la sicurezza non sono un costo ma un investimento e la formazione non va fatta solo a chi lavora ma anche a chi dirige le imprese. L’idea che presenteremo anche lunedì è che nelle scuole ad ogni livello la cultura della prevenzione e della sicurezza diventi una materia di studio». A tale proposito la Fillea Cgil ha proposto di approvare subito il Durc di congruità, la patente a punti e l’aggravente lavoro sull’omicidio colposo. Il governo sembra intenzionato a procedere più che altro sulla patente a punti. La misura era già prevista dal decreto legislativo 81 del 2009 ma non è mai stata attuata. Come per la patente di guida, ogni azienda partirebbe da 30 punti.Li perderebbe in caso di infortuni e incidenti per propria responsabilità – lavoratori senza caschetto, ponteggi non a norma. Li guadagnerebbe in caso di sicurezza e formazione. E’ un altro caso di “nudge”, ovvero la cosiddetta “spinta gentile” ad assumere decisioni senza farle apparire come obblighi. La si pratica anche nelle aziende con i dipendenti, come nella politica nei casi di contraddizioni insormontabili legate all’applicazione di una legge, o all’incapacità di un governo a farla rispettare. E’ accaduto anche con il “green pass” considerato da alcuni come un’intromissione intollerabile nella libertà dell’individuo e dal governo in carica come uno stimolo a vaccinarsi, per ora sostitutivo dell’obbligo. Come si vede è una tecnica neoliberale di governo ricorrente, proposta da soggetti diversi e applicata negli ambiti più diversi.

Sull’ipotesi di un salario minimo, rilanciata dal Pd di Letta e dai Cinque Stelle di Conte negli ultimi giorni, ieri Landini è sembrato freddo e non si è troppo soffermato. La posizione del sindacato è nota: se bisogna parlare di salario in un paese come l’Italia, dev’essere compreso nel sistema della contrattazione nazionale insieme a una riforma della rappresentanza sindacale anche per togliere l’acqua ai cosiddetti contratti pirata. In vista delle amministrative di domenica prossima i partiti sembrano avere riscoperto in uno dei temi più chiacchierati degli ultimi tre anni, ma fin’ora senza alcuna conseguenze concrete, ieri è proseguita la consueta gara a intestarsi la precedenza della proposta. Per Conte il patto concertativo proposto da Bonomi (e Draghi) è “un’ottima idea”. Il salario minimo è “per tutti, perché oltre 4 milioni di lavoratori sono in difficoltà, prendono pochi euro all’ora e dobbiamo portarlo a una soglia minima che potrebbe essere 9 euro, discutiamone con tutte le organizzazioni sindacali”. Nell’agenda contiana ci sono anche i classici della decontribuzione per “il Sud”, in realtà a favore delle imprese. A suo avviso “seicentomila” sarebbero i posti occupati, in realtà precari: durano finché dura la decontribuzione. E poi il taglio dell’Irap, anche questa destinata alle imprese. Non serve un altro “patto” proposto dagli imprenditori per capire in quale direzione vanno le politiche. Da anni, non da oggi fino al 2026, data di scadenza degli investimenti previsti dal Piano di ripresa e resilienza.

Per il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, intervenuto all’incontro della Cgil “Futura”, i lavoratori che potrebbero beneficiare di un salario minimo sono “oltre due milioni” e non “quattro”. Sono pagati 6 euro netti all’ora. «Ci sono riders che corrono e fanno incidenti anche mortali e guadagnano 4 euro all’ora. Questo non è tollerabile in un’economia avanzata». Ma è proprio la regola dell’economia delle piattaforme digitali (“avanzata”) a fare lavorare sempre di più, pagando sempre di meno. «L’idea di introdurre un salario minimo non è contro il sindacato – ha detto Tridico – Anzi è completamente integrato». E alle diffidenze della Confindustria di Bonomi su questo strumento, ha replicato: il salario minimo esiste in 24 paesi europei e «laddove è stato introdotto la letteratura economica dimostra che ci si è spostati su produzioni e frontiere produttive più adeguate». Dove c’è il salario minimo su un livello adeguato «spinge le imprese a scegliere strategie di investimenti che sfruttino maggiormente il capitale e l’innovazione piuttosto che il lavoro a basso costo e questo porta incrementi di produttività». Il problema è sempre lo stesso: il salario minimo va messo per legge oppure lasciato alla contrattazione tra le parti sociali? Ciò non toglie che si potrebbero fare entrambe le cose. Se ci fosse davvero una volontà di affrontare tutti i problemi che non si riducono a stabilire una cifra al netto o al lordo.

Il caso dei riders fatto da Tridico è interessante: nessun governo fino ad oggi è riuscito a imporre una legge chiarificatrice sul loro statuto lavorativo, mentre le parti sociali non sono riuscite a definire i criteri di un contratto nazionale. E’ dunque possibile che molti altri ambiti non chiaramente contrattualizzati si ritroveranno nella stessa situazione in un’economia che vive in un ritorno al medioevo. Senza contare che con, o senza, le leggi molte imprese continueranno a non rispettare i diritti fondamentali. Del resto è difficile farlo senza una chiara ed efficace intenzione politica, anche a livello sovranazionale. E’ lunga la strada della lotta contro la “precarietà”.