La battuta provoca una risata tra i giornalisti stranieri. Maurizio Landini è invitato per una conferenza all’Associazione stampa estera, e diverse domande riguardano ovviamente il rapporto tra Renzi (il governo, il Pd) e il sindacato (la Cgil, la Fiom, lo stesso segretario). «Renzi aveva cominciato con gli 80 euro e la tassa sulle rendite finanziarie, e avevamo detto che andava bene. Poi tra luglio e agosto deve essere successo qualcosa, anche se va detto che questa estate non ha fatto caldo». In autunno, infatti, «il presidente del consiglio ha scelto da che parte stare: ha ripreso il programma scritto da Confindustria, e da noi invece non prende nulla. È andato a Detroit, da Marchionne, e lì ha detto che quello è il modello per l’Italia».

E proprio per farsi ascoltare – «perché senza i lavoratori l’Italia non la cambi, non farli partecipare è un errore del governo» – domani i metalmeccanici della Cgil scendono in sciopero. Sfileranno a Milano, dove al comizio parlerà lo stesso Landini, e alla fine concluderà Susanna Camusso: «È giusto, perché il nostro sciopero è nel percorso di quello generale», spiega il segretario, e tutti gli scontri che avevano lacerato la Cgil fino a qualche mese fa sembrano un ricordo.

Nel frattempo la Cgil, al direttivo, aveva dato la fatidica data per lo stop generale: il 5 dicembre. Con la ridda di polemiche innescate dai renziani (per il lungo ponte fino all’8 dicembre), a cui ha voluto rispondere lo stesso Landini: «Sciopero ponte? La cosa mi fa solo ridere – ha commentato – Basta guardare le piazze, sono strapiene. Senza considerare che uno sciopero costa molto a un lavoratore. È una vera sciocchezza dire questo».

Landini spiega che lo sciopero «non è fatto contro, ma per»: «Per le proposte che abbiamo presentato al premier già diversi mesi fa: politica industriale, investimenti, un piano per la mobilità, i trasporti, la banda larga. L’estensione dei diritti invece della cancellazione. Abolire i 46 contratti esistenti: ne possono sopravvivere solo 5 o 6, assicurare gli ammortizzatori sociali a tutti. Punti che non vedo né nel Jobs Act né nella legge di stabilità».

Tra le altre proposte della Fiom c’è anche quella di «rivedere la legge sulle pensioni, perché abbiamo l’età di uscita più alta d’Europa, a 70 anni: al contrario – spiega Landini – se faccio uscire le persone prima, e se ripristino il criterio dell’anzianità per chi fa lavori gravosi, libero posti per i giovani».

E un’altra idea, stavolta proposta sia al governo che alle imprese, perché la via deve essere «sia legislativa che contrattuale»: «Dobbiamo redistribuire gli orari, ma non abbassandoli ugualmente per tutti. Si possono rimodulare contrattando: dove devo evitare i licenziamenti, o anche dove posso assumere».

Landini fa due esempi: «Il primo alla Ducati Motor, che è di VolksWagen: in cambio di investimenti e dell’assunzione di una decina di precari, abbiamo detto sì a una settimana su 6 o 7 giorni, e ciascun lavoratore farà 30 ore ma pagate 40. Così alla Electrolux: 30 ore pagate come 35, ma grazie all’integrazione della solidarietà. Abbiamo ottenuto nuovi investimenti ed evitato la delocalizzazione».

Come dire, ripetendolo per l’ennesima volta, che la Fiom non è il sindacato del no: «Firmiamo tantissimi accordi aziendali, noi vogliamo esserci, partecipare. Per questo chiediamo anche una nuova legge sulla rappresentanza, e in questo periodo siamo impegnati perché si svolgano le elezioni delle Rsu alla Fiat, in modo democratico».

Insomma, sia il governo che le imprese dovrebbero fare tesoro della collaborazione offerta dal sindacato, perché altrimenti il conflitto si inasprirà: «Il 27 agosto, l’ultima volta che ho avuto modo di confrontarmi con Renzi in un dialogo a due – spiega Landini – gli dissi che se avesse scelto di modificare l’articolo 18 si sarebbe aperto un conflitto. E così è stato». La Fiom infatti è in piazza, «ma stiamo studiando – riprende il segretario – anche un ricorso alla Corte costituzionale sul Jobs Act, così come la Cgil ha già fatto alla Corte europea per la legge sui contratti a termine (la “Poletti”, ndr). E le imprese sappiano che se vorranno applicarla, noi in fabbrica non ci staremo».

La parola d’ordine di questo autunno ormai caldissimo è dunque «conflitto», e la Fiom bisserà il suo sciopero di domani (valevole per il nord), anche venerdì della prossima settimana (il 21 novembre), con uno stop che coinvolgerà il centro sud: base a Napoli. Domani sono stati invitati a parlare dal palco anche i precari dello «sciopero sociale», in corteo a Milano pure loro: «Abbiamo iniziato un dialogo, è giusto che il sindacato si apra», ha concluso il segretario della Fiom.