«C’è bisogno che ciascuno si assuma le sue responsabilità e risponda alla sua coscienza sempreché ce l’abbia». Maurizio Landini torna sul ’caso De Gennaro’. Il leader della Fiom non nomina direttamente il presidente di Finmeccanica, il gruppo industriale che è una delle più importanti controparti del sindacato dei metalmeccanici. Sono molte le vertenze e i tavoli aziendali in corso con l’amministratore delegato Mauro Moretti. Ma non per questo non fa capire bene da che parte sta: «Ho trovato singolare che in Italia si sia dovuto aspettare 15 anni per riconoscere quello che era chiaro agli occhi di tutti su quello che era successo a Genova in quei giorni. Certi livelli di ipocrisia a me fanno un po’ sorridere. Qui c’è sempre bisogno che ce lo dica qualcun altro quello che è successo».
Il caso De Gennaro, dunque, non è chiuso. Il presidente del consiglio Renzi ha blindato i vertici di Finmeccanica. L’ad Moretti ha bollato come «polemica politica» il vespaio suscitato dal tweet di Matteo Orfini l’8 aprile scorso («Trovo vergognoso che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica») e ha lamentato il danno d’immagine che il polverone può causare ad un’azienda già al centro di inchieste sulle mazzette: «È davvero un peccato pensare che quando una azienda si sta rimettendo sui binari, sta riprendendo velocità e lo si vede e c’è l’apprezzamento mondiale, si voglia un’altra volta lavorare per affossarla. Non si può fare così perché non è mica mia Finmeccanica: io più che lavorare non posso fare».

Appunto, la vicenda è tutt’altro che chiusa e anzi, come in un domino, il tema della «responsabilità» politica, per non dire quella morale, continua a suscitare reazioni a catena. Del resto il Renzi rinnova la fiducia all’ex capo della polizia De Gennaro è lo stesso che appena venti giorni fa ha convinto alle dimissioni Maurizio Lupi, all’epoca ministro delle Infrastrutture, per essere stato ’pizzicato’ dalle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta Grandi Opere: una scelta «saggia e opportuna», la definì il premier, ma Lupi non era neanche stato indagato.

L’attacco di Orfini, confermato anche dopo le parole di Renzi, ha fatto riaprire ferite mai cicatrizzate nel paese. A Roma impazza il caso Sabella, l’assessore che nel 2001 fu responsabile della polizia penitenziaria di Bolzaneto, la cui posizione all’epoca dei fatti fu archiviata ma con una sentenza che lui stesso considera «infamante». Nella stessa Finmeccanica , l’amministratore delegato Mauro Moretti – che l’area di Orfini, va ricordato, l’avrebbe voluto al ministero del Lavoro – ora è attaccato dalle famiglie delle vittime della strage di Viareggio del 29 giugno 2009 (dove rimasero uccise 32 persone rimeste uccise) riunite nell’associazione ’Il mondo che vorrei’. Moretti, all’epoca ad di Ferrovie, è tuttora sotto giudizio. «Orfini, Lei ha ragione: è vergognoso che De Gennaro, dopo i fatti di Genova, sia presidente di Finmeccanica. Ma perché non dice lo stesso dell’ad. Moretti, imputato per la strage di Viareggio, 32 morti bruciati vivi?», chiede in una lettera aperta Daniela Rombi, presidente dell’associazione.

Domande rimaste senza risposta da mesi, alcune da anni, che stavolta difficilmente riusciranno a essere spazzate con la polvere sotto il tappeto della politica italiana. Anche nel Pd Matteo Orfini è assai meno isolato di quel che sembra. Ieri su Repubblica David Ermini, responsabile giustizia del Pd, toscano e renzianissimo, ha insistito sulle «responsabilità morali e politiche» del G8 di Genova. E le parole di Matteo Orfini, forte di un rapporto molto solido con Renzi – troppo solido per credere che il presidente del Pd abbia preso un’iniziativa contro il segretario – hanno raccolto consensi nella sinistra Pd, non solo quella filorenziana (come appunto i giovani turchi di Orfini) ma anche quella antirenziana impegnata nella battaglia interna del partito.