Nella tarda serata di lunedì la notizia dell’assoluzione di Lander Fernandez Arrinda e Aingeru Cardano trova le conferme sperate. Un continuo collegamento telefonico tra Bilbao e il Lucernario Occupato, la nuova occupazione degli studenti di Sapienza Clandestina che ospitava un dibattito sui Paesi Baschi con alcuni militanti di Segi (l’organizzazione giovanile della sinistra indipendentista basca messa al bando dal governo spagnolo).

Il tam tam sui social network impazza, poi le prime foto di Lander fuori il carcere di Estremera. Dopo 7 mesi di carcere vicino Madrid e 10 di domiciliari a Roma (in seguito all’arresto del 13 giugno 2012), Lander è oggi un uomo libero. Nessun elemento valido a provare la sua presenza in quel lontano febbraio 2002, quando durante una manifestazione a Bilbao fu incendiato un autobus vuoto e Aingeru, fermato dalla polizia, fu costretto a firmare sotto tortura una dichiarazione che imputava Lander per quei fatti.

Un’assoluzione importante dopo l’udienza dell’11 novembre, che segna un piccolissimo punto a favore dei militanti baschi e un altro grattacapo per Madrid. Lo scorso 21 ottobre, infatti, il Tribunale europeo per i diritti umani di Strasburgo ha bocciato con fermezza la «dottrina Parot», un meccanismo repressivo studiato dalla legislazione spagnola per esentare i prigionieri politici dai benefici penitenziari calcolati sul numeri di anni comminati. Ma la vittoria di Lander ha un sapore diverso, che tracima la sentenza dell’Audiencia Nacional. Prima di tutto la rete di persone che si è saldata intorno al caso del 33enne basco è la prova tangibile di una maturità politica che ha trovato riscontri in tutta Italia, e che ha permesso – nell’ultimo anno e mezzo – di rimettere al centro delle agende politiche dei movimenti il tema della solidarietà internazionalista. Non il singolo caso di Lander, ma l’intera questione dei Paesi Baschi; non una sola scarcerazione richiesta, ma un appello che parlava di tutti i presos detenuti in condizione di isolamento e costretti all’angolo dalla dura repressione di Madrid. Sono di questo consapevoli i militanti del comitato «Un caso basco a Roma», che ieri hanno diffuso una nota stampa dove è ribadito che la vicinanza al caso di Lander «è stata una battaglia per dare voce a quanti e quante in Euskal Herria subiscono quotidianamente torture, violenze e carcerazioni che hanno il sapore della vendetta».

La scarcerazione di Lander e Aingeru, infine, parla anche a tutto il sistema d’informazione (spagnolo, ma anche italiano) che ha svolto un ruolo di attivo protagonista nella criminalizzazione della lotta politica basca. Azioni, convegni, sanzioni e flash mob: se il nodo solidale italiano si è mosso a 360 gradi per ampliare la portata del proprio messaggio politico, i media hanno concorso invece a ridurre la questione basca e l’affaire-Lander a un’asfittica diatriba tra pro e contro Eta, derubricando ogni accento politico a mero fatto di cronaca.