pedrag

Sono trascorsi venti minuti alle ore 17. Un amico di Zagabria, Tvrtko Klaric, traduttore letterario dall’italiano, amico degli italiani e della loro letteratura e cultura, mi chiama al telefono per comunicarmi, con voce rotta dalla commozione:«Caro Giacomo, il tuo e mio amico Predrag Matvejevic si è spento nel Sanatorio che lo ospitava».

Vi era ospitato da troppo tempo, ma è rimasto lucido fino all’ultimo, mi diceva ancora alcuni giorni fa sua moglie che io chiamavo due-tre volte la settimana.

Solo pochi giorni addietro, altri amici mi avevano chiamato dal’Italia per sapere come stesse Predrag, l’autore – fra una quarantina di altre opere – di quel Breviario mediterraneo che gli è valsa la candidatura al Premio Nobel per la letteratura, assegnata invece al cantautore americano Bob Dylan.

La candidatura di Predrag era stata promossa proprio dagli scrittori italiani, tra i quali Claudio Magris di Trieste, Fabio Fiori di Rimini e tanti altri dalle Alpi alla Sicilia.

Fabio, il marinaio scrittore riminese, mi scrisse il 16 gennaio. Nella ricorrenza del trentesimo anniversario dell’uscita del «Breviario» matvejeviciano, voleva presentare a Radio 3 con cui collabora un racconto telefonico su quel libro e su Predrag in generale. Gli risposi ricordando, e qui lo ripeto per chi ci legge, che il Breviario vide la luce a Zagabria nel giugno del 1987; la prima edizione in una lingua straniera delle ventitre finora uscite nel mondo, dalla Cina ai paesi arabi, apparve in italiano, a Milano, nello stesso anno.

Predrag scriveva infatti anche in italiano e francese, numerose opere sono state infatti pubblicate originariamente prima nella lingua di Dante e poi in croato! Predrag Matvejevic va pertanto considerato anche uno scrittore italiano. Lo voglio sottolineare oggi, nel giorno del dolore per la perdita dell’amico (che ha arriccchito non pochi miei libri con le sue prefazioni).

Ci incontrammo la prima volta nel lontano1955 a Fiume dove era stato mandato alla leva militare, e per la prima volta lo sentii parlare di amicizia con l’Italia nel momento in cui era ancora aspra la polemica per la «questione di Trieste». Da allora non abbiamo mai interrotto i contatti, la collaborazione, l’amicizia si è rafforzata via via anche per l’affinità delle idee, fino a trasformarci in fratelli. Con la sua fine ho perso un compagno fraterno.

Che dire ancora di fronte alla scomparsa dell’ uomo che per tutta la vita si è battuto contro le dittature e le« democrature», contro i seminatori d’odio, contro i «talebani» del suo e di altri paesi, che ha sempre cercato di costruire ponti di pace, di coesistenza e collaborazione, soprattutto con le culture italiana e francese?

Ricordo che Predrag ha vissuto per lunghi anni in Italia, insegnando alla Sapienza di Roma; era diventato cittadino italiano per i tanti suoi meriti acquisiti nella costruzione degli scambi culturali fra i due paesi che si specchiano nel comune mare Adriatico.

Era arrivato in Italia per sfuggire all’odio di coloro che, non perdonandogli di essere figlio di un cristiano ortodosso russo e di una cattolica bosniaca di Mostar, spararono una raffica sulla sua porta di casa nel cuore di Zagabria. Scelse allora l’Italia e una vita tra asilo ed esilio.

Tornato in patria parecchi anni dopo la fine della guerra cosiddetta «patriottica», ha vissuto il resto della vita isolato. L’odio che aveva acceso la guerra non era mai sparito nella ex Jugoslavia. Viene rinfocolato anche oggi, ed ha finito per consumarlo lentamente.