L’amore nato dalla negazione di sé annega nei silenzi scontrosi di Aida e le domande superficiali di Daniel. Il peccato originario della loro storia d’amore, l’incapacità di comprendere le rispettive identità e di spiegarle, segna l’inizio di La piuma cadendo impara a volare (Marcos Y Marcos, pp. 256, euro 18) dello scrittore iracheno Usama al Shahmani, presentato venerdì alle 14,30 al Festivaletteratura di Mantova.

TRA LE PAGINE è possibile rintracciare elementi del suo precedente romanzo, In terra straniera gli alberi parlano arabo, in una sorta di seconda narrazione che aggiunge nuovi tasselli. I luoghi sono gli stessi, l’Iraq della fuga e la Svizzera dell’arrivo; i lutti sono altrettanto potenti, un fratello nel primo, una sorella nel secondo; è simile la nostalgia della casa dell’infanzia, seppur cambi di direzione, l’Iraq nel primo, la Svizzera nel secondo.

A DETTARE IL TEMPO del racconto nel nuovo libro non è però la scomparsa (della patria, di un fratello), ma l’identità. Non tanto la sua ricerca, o comunque non solo. Aida, la giovane protagonista rifugiata in Svizzera dopo due fughe dall’Iraq – da bambina tra le braccia dei genitori, da adolescente mano nella mano con la sorella – sa chi è ma non è capace di dirlo.

Decide che l’Iraq non va narrato; che la propria lingua, l’arabo, va custodita senza viverla; che tradizioni e religione, con il loro bagaglio di gesti quotidiani e pratiche quasi pagane, vanno serbate solo nel ricordo. E decide che la strada che l’ha condotta in Svizzera, intrapresa senza documenti, nel buio della foresta e in quello della legge, non debba cambiare l’immagine che di lei si è formato il suo compagno Daniel: lui chiede, lei non risponde, lui, etnologo, domanda con curiosità rigida, professionale prima che emotiva. Lei tace.

DENTRO PERÒ RIBOLLE un vulcano di parole non dette, di sentimenti soffocati, di dolore per la perdita e per il tradimento inflitto ai genitori, abbandonati senza una parola per poter riprendere la via dell’Europa. Solo la partenza temporanea di Daniel per il servizio civile permetterà ad Aida di dare voce alla propria molteplice identità: donna, irachena, svizzera, rifugiata, sorella. Lo farà scrivendo. Al Shahmani ridà indietro quella voce, aprendo alla speranza di un amore possibile, verso l’altro e verso sé.