Ferve il dibattito, anche se non c’è possibilità di incontro. E l’integralista cattolico dialogante è davvero una brutta bestia. Sono settimane che la smarrita militanza di sinistra milanese non parla d’altro che del convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità” (location di primordine: palazzo della Regione Lombardia, sponsor politico Roberto Maroni, da mesi rimasto nell’ombra per il protagonismo del nuovo capo della Lega). Ci teneva tanto, Bobo. Si è battuto come un leoncino anche per regalare agli organizzatori il prestigioso bollino dell’Expo, una marchio che di questi tempi non si nega a nessuno.

Dunque bisognava esserci per contestare, perché, al netto di tutti i distinguo, il fatto è che centinaia di persone si sono date appuntamento per glorificare la famiglia tradizionale e per raccontarsi che i gay e le lesbiche (e tutti coloro che in amore vogliono farsi i fatti loro) sono infelici e vanno curati (organizzano: Alleanza Cattolica, Fondazione Tempi, Obiettivo Charie e Nonni 2.0).

Deliri a parte, la questione dei diritti rappresenta una delle fratture dove scricchiolano le larghe intese: lo ha lasciato intendere proprio ieri il sindaco Giuliano Pisapia rivelando di essere indagato dalla procura di Milano per il mancato annullamento dei matrimoni gay celebrati all’estero (omissione di atti d’ufficio): “Servirebbe una tirata d’orecchie al ministro Alfano per far ritirare quella circolare blasfema”.

L’integralista da convegno però ieri si è preparato per bene. Non emesso circolari, si è travestito da tollerante. Ecco perché ha stampato volantini per dare il benvenuto alla controparte che ha organizzato un presidio libertario/libertino vivacizzato da rappresentanti di tutta la sinistra milanese, per una volta senza distinzione alcuna. “Te lo ripeto per la milionesima volta”, scrive l’integralista sul suo biglietto da visita. Cosa? Che “ogni atto di violenza fisica e/o morale e di discriminazione verso persone omosessuali deve essere condannato e perseguito secondo la legge”. Ci mancherebbe. E, detto questo, sono contrari ai matrimoni omosessuali e ritengono che un bambino abbia il diritto di avere una mamma e un papà. Guai a definirli omofobi: si arrabbiano. E qui entra in gioco la libertà di opinione, terreno scivoloso, con quel Voltaire che in questi tormentati giorni vigila sulle coscienze irrisolta di “noi altri” laici (più o meno) impenitenti.

A vigilare sulla coda in fila per entrare nel Palazzo della Regione, invece, ci sono trenta di blindati di polizia e carabinieri. Agenti dappertutto. Alla spicciolata qualche oppositore si avvicina alla coda integralista, si chiacchiera, faticando a non prendersi a male parole. Ci si scalda sul Papa. Anche lui ha speso parole buone per i gay. “Ma quando? Ma come si permette?” I poliziotti vigilano. Le telecamere favoriscono il battibecco. In coda ci sono anche le carrozzine, i bambini, la prova del nove dell’amore come si deve. I fascisti arrivano in gruppo ma non infastidiscono, sono in borghese, li si riconosce per qualche tatuaggio che pulsa sulle vene del collo. Poi, dice la cronaca, in sala sarà un trionfo. Lunghi applausi al governatore seduto in prima fila, “senza la Regione Lombardia questo evento non avrebbe potuto tenersi” dice Luigi Amicone, direttore della rivista “Tempi”. Al suo fianco Roberto Formigoni e Ignazio La Russa.

A duecento metri dall’evento il clima è disteso. Ci sono tutti, in rappresentanza di sigle che in altre occasioni farebbero fatica a salutarsi. Duemila persone. Meglio così, una volta tanto. Non è complicato sottoscrivere la parola d’ordine “L’unica malattia è l’omofobia”. Poi in piazza, una surreale piazza Einaudi, uno spazio schiacciato tra i grattacieli che mai ha ospitato una manifestazione, ognuno la declina come meglio sa fare. Qualche ragazzo sventola una bandiera del Pd, l’assessore Pierfrancesco Majorino si scaglia contro chi vuole riportare Milano “al medioevo”, lo stato maggiore di Sel rilascia opinioni qui e là. Prc e Lista Tsipras. C’è anche un gruppetto della Uil. Il pacifismo, non dei sensi, si palesa con le solite bandiere della pace.

Su tutto però domina il colore e l’ironia della comunità Lgbt. Ogni tanto parte un bacio nella bocca, qualcuno si aggira offrendo un piatto di finocchi, altri hanno preso carta e penna per dirla a modo loro. Esempio: “Io sono nata gay. Tu non sei nato idiota. L’omofobia è una scelta”. Anche queste sono opinioni. “Questa è la mia fidanzata” si legge su cartelli a cuoricino orgogliosamente esibiti da alcune ragazze. Tanto piacere. Poi, fuori posto ma mai come in questo caso necessari, ci sono anche quegli irriducibili dell’Uaar (atei, agnostici, razionalisti). Ne approfittano per vendere libri mangia preti. I Sentinelli di Milano sono la colonna sonora: “Cara mamma non temere che la vita è troppo bella per passarla in piedi muti e tristi come una sentinella”. L’unica nota stonata, quelle cartoline: i due Roberti (Maroni e Formigoni) che si baciano. Ma l’amore è bello tutto.