Grunt sapeva di avere moltissimi anni ma non avendoli mai segnati con una tacca da qualche parte, non poteva dire quanti. Ai suoi tempi d’altronde dell’età anagrafica a nessuno importava un fico secco: a contare erano solo gli anni che si dimostravano e Grunt non dimostrava per niente i suoi ventisette anni suonati. Per tanto a dispetto di qualche acciacco era ancora saldamente il padre-padrone della sua piccola orda e nessuno aveva ancora provato a scalzarlo. Come invece a suo tempo aveva fatto lui quando aveva accoppato e mangiato il cuore del suo vecchio che a ventisei anni s’era bell’e rammollito. È così che andavano le cose settantamila anni fa: prima che i nostri antenati imparassero ad accendere il fuoco e mettessero su famiglia la struttura era quella dell’orda, dove ci si accoppiava a casaccio e a comandare era il maschio più alfa di tutti. Mica come oggi che e tutti mettono becco su tutto.
Ma per quanto l’orda di Grunt fosse composta da spietati cacciatori e fattrici piene di graffi e lividi, quando a sera erano tutti intorno al grande fuoco e iniziavano a spulciarsi l’un l’altro, beh, facevano anche tenerezza.

«Che teneri» è esat ttamente quello che doveva aver pensato Wendy, la gigantesca tigredenti a sciabola scesa dalle montagne per stabilirsi proprio nei pressi della caverna abitata dai nostri uomini-scimmia. Considerate che dopo secoli di concorrenza biologica, da parecchio ormai le due specie si evitavano a vicenda. Ma c’era un caso in cui a un grande felino poteva passare per la testa di tornare ad attaccare l’homo sapiens. Se aveva mal di denti. Quando le sue temibili zanne erano doloranti infatti, azzannare bestie protette da scaglie, corazze ma anche solo da pellacce troppo dure, diventava un problema. Ecco allora che tornava a galla il ricordo della tenera carne umana. Il dolce sapore dei suoi genitali. Le sue morbide, gustose viscere. Così, un brutto giorno, nella caverna irruppe lo spaventoso gnaulio della gigantesca tigre denti a sciabola che s’era giusto pappata Lino il timido, uscito un attimo dalla caverna per farsi una pisciatina in santa pace. Le urla di rabbia lanciate dal valoroso Cocco che si batteva violentemente il petto infiammarono gli animi ma a spegnerli ci pensò subito Grunt con un paio di grugniti e una clavata. Dritta in testa a Cocco.
Il capo era lui, punto e basta. E decretò che l’orda sarebbe rimasta chiusa a caverna fino a scampato pericolo.

Bulbi e radici, bulbi e radici, bulbi e radici… dopo diciassette giorni di lockdown, i nostri poveri ordaioli non mangiavano altro ed erano diventati pelle e ossa. Per non parlare dello stress da prolungata inazione, la puzza di escrementi e tutti quei mocciosi sempre tra i piedi. Si ebbero così i primi casi di autolesionismo e anche un finto tentato suicidio. Il fatto è che parliamo di ominidi dotati di grossi, enormi cervelli, più o meno dello stesso modello di lì a (relativamente) poco in uso a gente come Leonardo da Vinci, Einstein e Maradona. Sovrabbondanti e sottoutilizzati cervelli che quelli sfruttavano al massimo per raccogliere bacche, scheggiare selci e andare a caccia. Ma adesso, questa surreale sospensione di ogni normale attività li aveva spinti a elaborare pensieri nuovi. Mai pensati prima. E di punto in bianco si ritrovarono a porsi quesiti esistenziali come: chi siamo? dove andiamo? da dove veniamo? E in quelle menti primitive si preparò il terreno a una nuova dimensione: quella del futuro. Qualcosa fuori dalla portata dei cinque sensi, qualcosa come… un sentimento! Nessuno avrebbe certo usato questa parola, ma che dentro di loro la percezione di qualcosa di immateriale iniziasse a fare capolino, era innegabile. Qualcosa che prima o poi avrebbe fatto sognare e sperare, ridere e piangere, amare e odiare. Nessuno ancora lo sapeva, ma con la nascita dei… sentimenti, buoni o cattivi che fossero, la fine del vecchio ordine era segnata. Capperi! chi l’avrebbe mai detto che con la sua testarda imposizione del lockdown Grunt avrebbe finito col darsi la zappa sui piedi? No, nessuno l’avrebbe mai detto, tantomeno Grunt. Lui era troppo vecchio per queste stronzate. Per cui ciò che i suoi cinque, concreti sensi gli riportavano era l’immagine di un’orda svuotata da una feroce diarrea, con i maschi alfa vieppiù infiacchiti dalle troppe scopate e quelli beta dalle troppe pippe. Eppure di una cosa Grunt era convinto: uscire adesso dalla caverna avrebbe azzerato di botto tutti i sacrifici fatti. Tanto più che anche la tigre gigante lì fuori era sempre più affamata, debole e stressata. Finito l’effetto sorpresa, negli ultimi dieci infatti, Wendy s’era dovuta accontentare di un bambinetto sgusciato fuori a rincorrere un ramarro e del braccio staccato a sua mamma che aveva provato a riacciuffarlo. Dopo di che zero carbonelle, col risultato che i suoi gnaulii da paurosi erano diventati patetici. E questo, insieme al crollo della mortalità, era considerato da Grunt un buon segnale. La fine della quarantena, ripeteva ai suoi, era dietro l’angolo e una volta scesa dagli alberi, quella bestiaccia con le zanne cariate e i muscoli infiacchiti sarebbe stata preda delle loro robuste lance con le punte indurite sul fuoco.

E così fu.
Il giorno dopo la belva scese dagli alberi zoppicando per i crampi, e mentre se ne tornava mogia mogia a casa sua, cadde nell’imboscata che Grunt e i suoi scimmioni nudi che l’avevano preceduta al fiume, le avevano teso. E così, trafitta e lapidata a morte, fu scuoiata e fatta a pezzi. Mentre i suoi compari consumavano la fase 2 sulla riva del fiume, Willy il secco, l’unico maschio rimasto a caverna, continuava a scheggiare selci. In questo lui era il migliore e il suo eccellente lavoro permetteva agli altri di uccidere meglio. Ma a Willy uccidere non piaceva e alla carne preferiva le verdure. Insomma un tipo sui generis. Che faceva cose strane.

Proprio come ora che con la punta di una lancia carbonizzata sul fuoco ha tirato una linea nera sulla parete della grotta e la sta osservando come rapito. Quindi appoggia una mano alla parete e ci passa il carboncino tutt’intorno… la toglie… ed ecco la prima mano disegnata della storia!
Silenziosa, alle sue spalle la bella Billa lo sta osservando.

Pure lei rapita da quella magia… si avvicina e fa capire a Willy che ne vuole una anche lei, una mano tutta sua su una chiappa; e si mette a quattro zampe. Willy l’accontenta e data la posizione da cosa nasce cosa… e parte il classico accoppiamento animalesco. Ma stavolta è un attimo: si girano e assumendo un’inedita posizione frontale si guardano negli occhi. Rapiti. Loro ancora non sanno, proprio non capiscono cosa gli stia succedendo… e allora glielo diciamo noi: Cupido ha appena scoccato la prima freccia della preistoria!

Tornati alla base vittoriosi, Grunt e i ragazzi sono accolti dalle ragazze con grida e risolini di gioia e liberazione. Solo Billa e Willy se ne stanno appartati in un angolo, mano nella mano a guardarsi negli occhi… ma che cacchio fanno?! grugnisce Grunt. E si trascina Billa via per i capelli davanti al povero Willy che non sa che fare. Allora esce fuori dalla caverna. E si mette a guardare le stelle. Sospirando. E mentre Willy è là fuori che sospira domandandosi cosa sia a fargli battere il cuore così forte, di colpo l’aria è attraversata da un urlo terribile cui segue un attimo di silenzio. Persino le rane smettono di gracidare. Ed ecco Billa con un rivolo di sangue che le cola da un angolo della bocca, che scappa fuori. Afferra Willy per la mano e se lo porta via. Sulle prime lui non capisce: dove andiamo? ma le urla belluine di Grunt che avanza con un orecchio staccato e la sua gigantesca clava in mano, spazzano via ogni titubanza.
E così gli amanti che ancora non sanno cos’e l’amore, scappano nella notte tra gli ululati dei coyote e il frinire dei grilli. Scappano perché insieme alla nascita dell’amore, sembra sia nato anche il sentimento dell’odio e della vendetta.