Capoclasse dei giovani turchi, Matteo Orfini, eletto ieri presidente dell’assemblea del Pd al posto che fu di Romano Prodi, Rosy Bindi e Gianni Cuperlo, tre big con i quali non ha mantenuto precisamente un buon rapporto, è dalemiano (ex, o ’post’, comunque il dalemismo è una formazione politica come un tatuaggio, non si cancella), togliattiano, secchione, fautore del partito e persino un po’ dell’apparato (vedasi il Libretto grigio, manuale autoironico che circola in ambienti turchi), laico sulle correnti (la sua si vede ogni settimana al Nazareno). Archeologo di mestiere, quindi tendente allo scavo e diffidente della superficie. Anti-blairiano. Scriveva nel...
Politica
L’altro Matteo, quello togliattiano. Così la parola «partito» diventa cool
Democrack. Un presidente 'turco', e la minoranza diventa 'ex'