Si dice che Malcolm X abbia iniziato la sua parabola politica dopo aver letto le definizioni di white e black sul vocabolario fattagli notare da Brother Baines mentre erano in prigione. I dizionari italiani definiscono il “color carne” «colore rosa pallido, simile a quello della carne umana». Si deduce quindi che la carne, per essere umana, debba essere rosa. Un rosa, a guardarlo bene, più adatto a un porco che a un essere umano.

Cosa sarebbero quindi quindi tutte le carni umane di incarnati differenti dal rosa? Vengono alla mente le parole di Seu Jorge cantate da Elza Soares, a mulher do fim do mundo recentemente mancata, una delle voci più riconosciute della musica brasiliana e del femminismo nero, da sempre impegnata nella lotta al razzismo e per i diritti degli afrodiscendenti: «A carne mais barata do mercado é a carne negra» (La carne meno cara al mercato è la carne nera ).

 

LA CAMPAGNA «COLOR CARNE» è un progetto di advocacy che vuole evidenziare come espressioni che passano inosservate nei dialoghi quotidiani possano sottintendere pregiudizi e discriminazione, risultando offensivi.

Nella lingua italiana ce ne sono molte. Quando diciamo ai bambini «Non fare lo zulu!», gli zulu sono un gruppo etnico Nguni dell’Africa meridionale, non hanno nulla a che vedere con la nostra idea di disordine o sporcizia a cui il loro nome è stato associato in Italia. Idem quando di dice «È un ambaradan!» (sic). Amba Aradam è un monte in Etiopia dove nel 1936, durante la Guerra d’Etiopia, gli italiani uscirono vittoriosi. Certo dopo una certa confusione – a cui allude il termine nel vocabolario italiano – ma una confusione che ha lasciato in campo etiope 30mila morti per mano dell’esercito coloniale fascista italiano. Se ne dovrebbe portare maggiore rispetto. Del resto risulta innocuo «essere arrabbiati neri», come nero è il mercato clandestino, il lutto, o comunque tutto quello che, volenti o no, ci rimanda automaticamente a qualcosa di negativo.

ANCHE LA DEFINIZIONE “Color Carne” (rosa) offre un esempio dei quotidiani costrutti su cui si fonda il linguaggio comune italiano, e l’universalismo occidentale, in questo caso l’assunzione che la pelle di una persona bianca deve essere assunta come la norma. Ad alcuni sicuramente non può passare inosservata.

Autrici della campagna sono la strategist Giuditta Rossi, nera e la story teller Cristina Maurelli, bianca, cofondatrici di Bold Stories una società di consulenza strategica, che intende sensibilizzare le persone ed invitare gli editori e i brand a cambiare il loro vocabolario e pensare a nuovi prodotti inclusivi, per una società in cui chiunque possa sentirsi rappresentato.

Numerosi gli esempi internazionali che hanno dimostrato sensibilità al tema. L’impresa Pantone nel 2022 ha lanciato la SkinTone Guide creata misurando scientificamente migliaia di effettive tonalità della pelle nell’intero spettro dei tipi di pelle umana di diverse etnie e gruppi di età. Tra i molti utilizzi della guida anche quello in ambito fotografico. Sebbene la gamma delle capacità tecnologiche della fotografia sia migliorata in modo significativo negli ultimi decenni, il mito che la pelle scura sia più difficile da fotografare persiste.

Mentre Pantone ha come target professionisti della grafica, ancora più interessante risulta la scatola dei “24 Pastelli dal Mondo Crayola” i cui target sono i bambini. Se alle dette menti superiori e/o civilizzate bianche può sfuggire cosa significhi non vedersi da bambine/i mai rappresentate/i in un cartone animato o un film in tv o in un banner pubblicitario per strada, ci auguriamo che non sfuggirà ai futuri adulti non bianchi (e bianchi) la possibilità di poter scegliere tra un ventaglio di colori maggiore che un rosa, un marrone, e un giallo per i compagni asiatici.

NEL 2018 L’AZIENDA Freed of London ha collaborato con la compagnia di danza Ballet Black per creare scarpe da punta per ballerine nere, asiatiche e miste. «Le danzatrici insoddisfatte dalle scarpe rosa standard si affidano al pancaking, l’applicazione di fondotinta o trucco in polvere per far corrispondere le scarpe al colore della loro pelle. Il completamento del processo richiede tempo e soldi», si legge sul sito dell’azienda britannica.

L’impossibilità di trovare delle scarpe da punta sottintende anche un altro sottinteso razzismo: il corpo nero non è adatto alla finezza, eleganza, leggiadria della danza classica. Tutte le arti classiche sono state a lungo precluse ai neri. Aubrey Williams, artista della Guyana e principale esponente dell’afro-modernismo e dell’astrattismo nero ricorda che quando incontrò Picasso a Parigi nel 1950 – incontro fondamentale per la nascita del primitivismo – il pittore invece di commentare il suo lavoro, gli disse che aveva una bellissima testa nera e che avrebbe voluto ritrarlo. Lui ci rimase malissimo.

Di forma simile ai neri vengono ostacolate carriere in musica classica. Ai neri è dato il jazz, il blues, il samba, la cumbia, il soul, il gospel, il reggae, l’afrobeat, il funk, l’hip hop ma più difficilmente un pianoforte. Eppure Nina Simone lo ha suonato molto bene. Fortunatamente ci sono progetti che mettono in discussione questi razzismi. Come la Buskaid Music School, con sede a Soweto, Johannesburg, che offre lezioni di strumenti ad arco e promuove sia musica classica che musica tradizionale africana, o la ong sudafricana Miagi (Music is a Great Investment, la musica è un grande investimento) con la sua orchestra che attraverso la musica e l’educazione musicale aiuta la nazione a superare decenni di violenze, conflitti raziali e divisioni. A Berlino dal 2016 The String Archestra, un’orchestra d’archi da camera, dà spazio a musicisti neri in ambito classico e riconoscimento a compositori trascurati nella storia della musica a causa della loro etnia e genere.

 

 

PARTENDO DALLA NEGAZIONE dell’”altro nero” come soggetto autonomo, umano e intellettuale, applicata dal colonialismo in nome della superiorità bianca, l’affermazione della estetica nera si pone in rotta di collisione con il pensiero euro moderno di un’unica modernità occidentale universale. La campagna Color Carne vuole contribuire ad amplificare l’argomento anche in Italia, sensibilizzando non solo le persone, ma invitando gli editori e i brand a fare un piccolo ma significativo passo avanti, cambiando il loro vocabolario, e magari pensando a nuovi prodotti inclusivi. Prevede oltre al coinvolgimento dei media, la condivisione di cards con originali immagini e grafica scaricabili dal sito colorcarne.it. Come diceva Elza Soares: «A carne mais barata do mercado é a carne negra / Só-só cego não vê» (Solo un cieco non lo vede). Diamo lenti a chi si ostina a non voler vedere.

Errata Corrige

Lotta ai pregiudizi e alle discriminazioni che infestano il linguaggio corrente. Come l’espressione «color carne», che ora viene trasformata in campagna per un vocabolario e un mondo più inclusivi