Why look at animals consiste nel trasferimento di un negozio di pellame, tuttora attivo, da Volos a Venezia: un «espace trouvé» ricollocato dentro il Padiglione greco nei Giardini della Biennale. L’ottantenne proprietario di questa vecchia e antiquata bottega trascorre la maggior parte delle proprie giornate raccontando storie del passato recente della Grecia.
Il suo negozio è denso, ricco di contraddizioni, fortemente umano, eppure carico di morte. La sua realtà è analoga a quella del Padiglione Greco, con il suo ibrido neoclassicismo. Entrambi paiono restare inalterati malgrado il passare del tempo.

All’interno del padiglione, ho voluto destinare un’area a risorse residuali di precedenti mostre: in questo modo, si è venuta a creare una situazione di spaesamento e di desolazione che esprime un passaggio d’epoca e una fase di regressione.
Il nome Agrimiká – che compare nel titolo del lavoro -, e che corrisponde anche al nome del negozio, si riferisce a quegli animali con i quali condividiamo il nostro habitat, ma che resistono all’addomesticamento, come le volpi, gli orsi, i conigli o cinghiali. Questi animali ribelli alla norma umana rappresentano l’alterità, la differenza. È proprio su tale differenza che l’uomo costruisce la propria identità.

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Agrimiká – Why look at animals? tratta la relazione tra istanze generalmente considerate antitetiche, come il mondo bestiale e l’umano.
A partire da queste relazioni, si genera una serie di riflessioni che investono gli ambiti della politica, dalla storia, dell’economia e delle tradizioni. Principalmente, si restaura la nostra relazione con gli animali attraverso un meccanismo di comparazione che ci induce ad un senso di uguaglianza con gli animali selvatici, in greco agrimikà.
Con l’operazione di trasferimento di questa bottega, che è anche un contenitore di storie raccontate, tramandate, di memorabilia, oggetti e immagini di diversa natura, ho voluto proporre un’altra visione della Grecia contemporanea. Tra tracce post-umane, residui e segni del tempo, la società greca di oggi sembra – sotto un certo aspetto, e nonostante l’impiego di nuove tecnologie – come se volesse tornare a un modello di produzione preindustriale e ricorrere ai vecchi metodi della vita di ogni giorno, alla produzione fai da te, a progetti collaborativi e a nuovi manifesti. Lo stesso progetto che ho concepito per il padiglione è nato grazie a uno scambio con gli studenti dell’Università della Tessaglia, a Volos, e si è concretizzato anche attraverso a una rete di istituzioni ed enti di natura diversa, greche, italiane, e greco-americane.
In questo momento di grande fragilità della Grecia, questi fattori costituiscono un segno positivo di collaborazione e di solidarietà.
Maria Papadimitriou è l’artista che rappresenta la Grecia alla 56/ma Biennale d’arte di Venezia, nel padiglione a cura di Gabi Scardi e Alexios Papazacharias. Nata ad Atene nel 1957, vive e lavora tra Volos e Atene. L’artista è nota per la sua ricerca sociale, progetti partecipativi e attività collettive che sottolineano l’interconnessione tra arte e realtà delle comunità.