L’allarme dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm) sui livelli record di concentrazione di gas a effetto serra giunge a 10 giorni dall’inizio della 24ma Conferenza sul Clima che quest’anno si svolgerà a Katowice, nella zona carbonifera della Polonia.

Il segretario generale dell’Omm Petteri Taalas è abbastanza categorico sul significato del nuovo record di concentrazione a 405,5 ppm di CO2 (era 400 nel 2015): «La scienza è chiara. Senza riduzioni rapide della CO2 e degli altri gas serra, i cambiamenti climatici avranno impatti sempre più distruttivi e irreversibili sulla vita sulla Terra. L’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione simile di CO2 è stato tra i 3 e i 5 milioni di anni fa, quando la temperatura era 2-3°C più alta e il livello dei mari era tra 10 e 10 metri superiore all’attuale».

Assieme al rapporto della Commissione Intergovernativa sui Cambiamenti Climatici (Ipcc) di circa due mesi fa, l’allarme dato dalla comunità scientifica ai decisori politici è dunque chiaro e forte. In Polonia si dovranno ridiscutere gli «obiettivi nazionali» volontari che erano stati presentati a Parigi nel 2015 e che, sin da allora, era noto non fossero sufficienti a centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi: tenere l’aumento della temperatura globale «bel al di sotto» dei 2°C di aumento dall’era preindustriale (oggi siamo a circa 1°C di aumento).

L’Ipcc due mesi fa ha spiegato che la differenza tra un aumento di 1,5 e 2°C è rilevante dal punto di vista degli impatti e che, dunque, bisogna muoversi e in fretta. Infatti, la «finestra di opportunità» per agire in modo efficace si va stringendo: le emissioni di CO2 e degli altri gas a effetto serra, dopo una breve stasi sono riprese a crescere e invece vanno dimezzate entro il 2030.

Il prossimo 27 novembre l’Unep, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite, rilascerà l’aggiornamento dell’Emission Gap Report: un documento che stima la distanza che c’è tra le politiche in atto sui cambiamenti climatici e l’obiettivo dell’Accordo di Parigi.

Così, tra un allarme scientifico e un altro, tra una devastazione ambientale legata al clima – come gli incendi che da quest’estate fino a quello della California hanno devastato l’emisfero boreale – il Presidente Donald Trump continua a lanciare tweet sempre più bizzarri per negare che ci siano effetti dei cambiamenti climatici. Gli incendi secondo Trump sono solo colpa della cattiva gestione forestale. E, siccome anche quest’anno si attende freddo glaciale dal polo nord per l’alterazione dello jet stream, il vortice polare di che tiene «confinato» il freddo, immancabile il tweet anche su questo, mentre è una conseguenza paradossale, ma spiegata proprio dal riscaldamento globale.

È l’ignoranza al potere? Forse. Ma un’ignoranza ben attenta a salvaguardare gli interessi dell’industria fossile, cosa che suona ancor più assurda quando si pensa alla rilevanza delle istituzioni scientifiche nordamericane, tra le principali fonti per comprendere cosa stia accadendo.

In Europa la revisione degli obiettivi è in discussione e, novità positiva, l’Italia è schierata dalla parte di chi vuole un deciso aumento degli obiettivi di riduzione. Al momento però manca la traduzione di questa posizione in atti concreti, cosa che speriamo venga dal Piano di azione su clima ed energia la cui bozza è attesa per la fine dell’anno. Anche in Italia sarebbe meglio avere meno tweet e più decisioni sagge e lungimiranti. Non bisogna arrendersi alla «prevalenza del cretino» – per dirla con Fruttero e Lucentini – che sembra accompagnare questo periodo storico così denso di rischi.

Ieri il Vanuatu – 80 isole nel Pacifico meridionale – ha annunciato alla Conferenza virtuale sul clima promossa dalle Piccole Isole – un’azione legale contro le grandi aziende fossili per aver causato i cambiamenti climatici che già hanno colpito il Paese. Certo a loro i tweet di Trump non fanno ridere per nulla.

* Direttore Greenpeace Italia