E’ l’agricoltura la principale responsabile dell’inquinamento dell’acqua a livello planetario. E’ questo uno dei risultati più preoccupanti dell’ultimo rapporto della Fao, More People, More Food, Worse Water? A Global Review of Water Pollution from Agriculture. L’agricoltura moderna risulta infatti responsabile dello scarico di grandi quantità di agrotossici, di materia organica, e di altri inquinanti che contaminano le nostre falde acquifere. Questo studio non può non essere messo in relazione al recente studio dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha analizzato nello specifico le acque italiane rilevandovi la presenza di ben 259 agrotossici. Residui di pesticidi sono stati rintracciati nel 67 per cento delle acque superficiali monitorate e nel 33,5 per cento delle acque sotterranee con una tendenza in aumento rispetto al 2003. È in particolare il glifosato, insieme al suo metabolita Ampa, a far notare la sua presenza nelle acque italiane: entrambe le sostanze risultano superiori agli standard di qualità ambientale per le acque (Sqa) previsti dalla norma.

La contaminazione dell’acqua è naturalmente associata a quella del suolo. Lo studio sull’inquinamento del suolo condotto, nel corso del 2017, dal Centro comune di ricerca della Commissione europea e dall’università olandese di Wageningen, dimostra come tracce di pesticidi siano presenti in più del 66 per cento dei campioni analizzati di suolo europeo. Le sostanze maggiormente rilevate sono il glifosato (46%), il ddt (25%) e i prodotti fungicidi (24%). Lo studio sottolinea come il glifosato e il suo metabolita Ampa (Aminomethylphosphonic acid) si concentrino in particelle di terreno molto piccole facilmente erose e trasportate dal vento e dall’acqua, con il rischio di contaminazione anche su vaste distanze.

La responsabilità di questa situazione non va addebitata all’agricoltura in quanto tale, ma a un certo tipo di agricoltura: quella industriale. E’ essenziale iniziare a riconoscere che il settore dell’agricoltura è uno dei maggiori fattori di quella che può essere definita una “globalizzazione predatoria”, basata sull’amministrazione dell’economia mondiale con il fine dell’efficienza del capitale, anziché del benessere delle persone. Come Navdanya International intendiamo contribuire all’ideazione e alla promozione di un nuovo paradigma basato sul riconoscimento del legame inscindibile fra il benessere del pianeta e quello delle persone. Il Manifesto “Cibo per la salute. Coltivare la biodiversità, coltivare la salute”, che sarà presentato a settembre in Italia, sta coinvolgendo esperti di tutto il mondo per favorire la convergenza e l’azione dei movimenti per l’agroecologia e per la salute pubblica.

* direttrice dell’ufficio internazionale di Navdanya, organizzazione fondata da Vandana Shiva