Da un gruppo parlamentare in crisi di identità a protagonista di governo, nel giro di una notte di mezza estate. Francesco Laforgia descrive così la parabola discendente e poi di nuovo ascendente di Liberi e uguali. «Noi di Leu da due mesi siamo catapultati in una vicenda politica inaspettata. Dopo il 4 marzo eravamo uno sbrindellato gruppo di opposizione, fatto di persone perbene che però dal giorno del voto hanno deciso di fare strade diverse. Volevamo trasformarci in un partito, non l’abbiamo fatto».

Laforgia, era meglio non far nascere il governo con Pd e M5S?

Non dico questo. Il paese rischiava un deriva reazionaria, abbiamo contribuito a evitarlo. Però oggi noi eletti di Leu improvvisamente ci troviamo a svolgere una funzione nella nuova maggioranza e abbiamo persino donne e uomini al governo. Così assistiamo al miracolo della resurrezione politica e mediatica di Leu. Ma possiamo continuare a non chiederci chi siamo, qual è il vincolo che ci tiene in un gruppo parlamentare, a quale programma rispondiamo tanto più oggi che abbiamo la possibilità reale di modificare e proporre provvedimenti?

Una situazione pirandelliana: Leu c’è perché c’è al governo, altrimenti non ci sarebbe.

Come si fa a pensare di continuare la finzione ipocrita per cui non siamo riusciti a fare di Leu l’innesco di un processo ma almeno siamo un gruppo parlamentare, se poi anche lo stesso gruppo inizia a sgretolarsi con l’uscita di due parlamentari (due donne, Boldrini al Pd, Occhionero a Italia Viva, ndr)? Non so se siano i primi abbandoni di una serie. Ma gli argomenti utilizzati per lasciare il gruppo umiliano tutti. E tanto più chi tra noi è più esposto nel portare sul petto l’etichetta di Leu.

Cosa propone?

Ci sono due strade. O si prende atto della situazione e si certifica la chiusura anche formale di Leu, sciogliendo i gruppi parlamentari. Mettendo fine a una condizione per la quale ciascuno di noi vaga, sul piano dell’attività parlamentare, senza un disegno e indossando una maglietta che non ha voglia di indossare, compresi i compagni di Art.1. Con il rischio che gli stessi nostri al governo rappresentino poco più che se stessi. Oppure si percorre la strada della politica. Che non vuol dire fare quello che non abbiamo saputo o voluto fare in questi mesi. Ma almeno farci la domanda sulla rappresentanza che vogliamo portare nella sfida del Governo. Quella domanda che non ci siamo fatti al momento della formazione del governo. Non so nulla di come Leu – perché tutti i giorni parlano di noi chiamandoci Leu – dovrebbe cambiare per esempio il reddito di cittadinanza. Non so cosa pensiamo del salario minimo, che giudizio diamo delle scelte sulle questioni ambientali (per me troppo timide), se abbiamo smesso di chiedere la cancellazione di parti del jobs act e la reintroduzione delle tutele contro i licenziamenti illegittimi. Così come ignoro le ragioni per cui abbiamo votato, senza elementi di distinzione, la riduzione dei parlamentari e che idea abbiamo della legge elettorale.

Insomma all’opposizione non ce l’avete fatta , ma oggi al governo dovreste fare Leu. E lo chiede proprio che lei aveva rotto e fondato un “movimento” autonomo?

Chiedo di affrontare queste domande con una discussione aperta, a tappe, che coinvolga non solo noi parlamentari ma personalità, intellettuali, esponenti del mondo sindacale e delle professioni. E con un coordinamento tra le componenti di cui ormai sono costituiti i gruppi di Leu. Perché nessuno possa dire: ma voi chi siete? Lo dobbiamo anche ai militanti ed elettori generosi che abbiamo sballottato di qua e di là senza indicare una strada. Se il campo democratico e progressista è destinato a mutare profondamente l’unico modo per svolgere una funzione è tornare alla politica. La sinistra è qualcosa di molto più grande di noi. Non abbiamo diritto di tenerla in ostaggio.

La sinistra non è vostro ostaggio: vi hanno votato in pochi, come dice lei, generosi.

Se penso al milione e trecento mila voti di Salvini nel 2013 e al milione e centomila di Leu nel 2018, fa rabbia l’idea di averli cestinati quei voti. Si può essere piccoli ma ragionare in grande. È l’unico modo per diventare grandi davvero.

L’impressione è che le componenti di Leu stiano aspettando un big bang del Pd, per entrarci. O almeno allearsi. Impressione sbagliata?

La vicenda umbra dimostra che non basta una posa a favore di telecamera a far riappassionare le persone alla causa. Nel processo di scomposizione e ricomposizione che interesserà, ne sono convinto, sia il Pd che il M5S, puoi svolgere un ruolo se non continui ad essere inerte e afono come siamo noi in tutto questo tempo. Ma se rimetti al centro la politica. A quel punto torneranno anche gli elettori.