Visioni

L’affabulazione secondo Mingus

L’affabulazione secondo MingusCharles Mingus

JazzSet Pubblicato anche in Italia dai tipi di minimux fax un corposo volume dedicato alla figura del leggendario contrabbassista e compositore

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 17 marzo 2015

«È gargantuesco nelle sue abitudini. Ecco cosa penso di lui.» «È il suo stile». «Sì, il suo stile di vita, il suo stile verbale ed emotivo»». Il soggetto è il contrabbassista e compositore Charles Mingus e lo scambio di opinioni è tra Max Gordon, fondatore del newyorkese Village Vanguard (aperto nel 1935) e John F. Goodman, autore di Mingus secondo Mingus. Interviste sulla vita e la musica (minimum fax, pp.482, euro 18). Il dialogo è a pagina 202 di un testo veramente «pantagruelico», teso a dare compiutamente la parola al contrabbassista.

Mingus secondo Mingus corrisponde alle registrazione degli assoli di Charlie Parker realizzate dal sassofonista Dean Benedetti negli anni ’40: nasce da una passione autentica per il jazz, in particolare per la musica del contrabbassista da parte Goodman, esperto di comunicazione, marketing e media consulting che per nove anni si è occupato di jazz, musica classica e rock per la rivista Playboy (direttore editoriale Sheldon Wax). Rapito dal concerto Mingus and Friends (New York, 4 febbraio 1972), John F.Goodman prese ad intervistare a più riprese per due anni (sino al 1974) il jazzista, di cui diventò amico, con il proposito di realizzare un libro e poi un’opera multimediale (finanziata nel 2008 dal N.Y Foundation for the Arts ma mai andata in porto).

Nelle quasi cinquecento pagine, tuttavia, Mingus tratta tutti i temi importanti della sua musica così visceralmente intrecciata alla propria esistenza: il rapporto tra avanguardia e tradizione come quello tra scrittura e creatività; le difficoltà nello «sbarcare il lunario»; le relazioni con i musicisti; i conflittuali rapporti con le case discografiche e l’industria musicale; i club e gli odiati critici; i suoi rapporti con le donne e Sue Graham; la sua opinione sul rock ed il free, la politica e il razzismo. Un autentico spaccato del «Mingus pensiero» con tutte le sue straordinarie intuizioni ed idiosincrasie, visioni e lucidissime analisi.

A lui la parola: «A un certo punto i neri erano uniti dal blues, e sapevano che c’era una ragione se avevano il blues (…) Il blues è un sentimento sul quale puoi suonare e improvvisare (…) Il blues è il linguaggio di una persona che piange i suoi sentimenti di fronte a un’altra, esprimendo ciò che sente, il dolore e tutto il resto». (p.347)

Il corpus delle interviste è organizzato in tredici capitoli tematici, arricchiti, in coda a ciascuna, con interventi che fanno ora da «seconda voce» ora da «controcanto» a Mingus: Sy Johnson e Bobby Jones (jazzisti e compagni di viaggio), Gordon, Teo Macero (musicista e produttore discografico), Sue Graham (ultima compagna del jazzista di Nogales), Dan Morgesten (critico e storico) ed altri. Attenzione, però: questo è un libro utilissimo a chi già conosce Mingus e la sua musica, è un «documentario sonoro» affascinante che ha bisogno di una conoscenza «preventiva” della materia, perlomeno di aver ascoltato l’album Let My Children Hear Music che più volte emerge dall’affabulazione mingusiana.

luigi.onori@alice.it

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