Mina pettinata da Re Sole, bionda platino, rossa, vestita di corde e di piume, con morbidi strass e intricati corsetti. Occhi bistrati, senza ciglia. E le minigonne mozzafiato dei primi anni ’70, gli abiti aderenti e i capelli arruffati. E poi l’uscita di scena, via dalla pazza folla e dalla «dittatura della presenza» ad ogni costo per diventare – inconsapevolmente – icona e mito. Con il piccolo schermo e la rete oggi a riempire ogni anfratto di memorabilia del suo passato, lei decide di concentrarsi esclusivamente sulla musica attraverso una produzione discografica monumentale che non si ferma nemmeno ora, nel tempo in cui la musica si fa liquida e l’attenzione dell’ascoltatore dura lo spazio di un tormentone trap. «Le rughe toccano ai perdenti» – cantava sorniona in un suo pezzo eseguito in coppia con Renato Zero, Neri, perché tanta ironia e (intelligenza) ci vuole per sopravvivere nell’epoca del presenzialismo tout court.

Mina va controcorrente, accentuando il lavoro sul presente e dedicando solo qualche sporadico istante al passato. Ma anche se fa di tutto per evitare celebrazioni e omaggi, l’almanacco ricorda implacabile che sono parecchie le ricorrenze di questo 2018, i sessant’anni dal suo debutto sul palco di Castelvetro Piacentino e soprattutto i quaranta dagli ultimi sold out alla Bussola di Viareggio, che avrebbero decretato il definitivo ritiro dalle scene pubbliche della cantante cremonese e l’inizio di una nuova fase coltivata nel buio delle sale d’incisione. Dovevano essere tre serate in quell’estate del 1978, ma diventarono undici perché tutti volevano rivederla: arrivano vaglia, assegni da tutta Italia, perfino da Jugoslavia e Egitto, tre live non bastano. Il debutto è il 24 giugno sotto il tendone della Bussola dell’amico Sergio Bernardini, si replica il 1,8,15, 18 e 22 luglio per proseguire ad agosto il 2,8,15, 19 e 23.

Una serie di concerti in cui cambia tutto rispetto ai live di sei anni prima con l’orchestra di Gianni Ferrio, perché Mina vuole percorrere nuove strade. Così affida a Pino Presti, suo bassista e collaboratore, la direzione della nuova orchestra: «Io e lei – racconta il musicista milanese ai redattori della rivista dedicata alla cantante Mina fan club – eravano consci che il suo ritorno non dovesse avere assolutamente i connotati di un déja vu. Non era più tempo di smoking, ottoni. Optai, in pieno accordo con lei, per un organico altrettanto prestigioso ma esteticamente più casual, tipo i Santana degli anni d’oro». Davanti ai seimila sugli spalti di Bussoladomani, nelle undici date Mina con un trucco ad accentuare la carnagione bianco lattea, capelli rossi che scendono su un abito nero di Pia Rame, mette insieme una scaletta che è un omaggio alle sue passioni: un medley travolgente dedicato a Battisti, il blues di Ray Charles, la disco fever dei Bee Gees e il rock dei Queen, tralasciando i suoi brani del passato per concentrarsi su pezzi più recenti come E poi, L’importante è finire, Sognando per chiudere sulle note di Grande grande grande. I concerti previsti si interrompono il 23 agosto, una broncopolmonite virale ferma la cantante per diversi mesi, facendo saltare un tour invernale già previsto con addirittura due trasferte a New York. Poi – così come era accaduto (parzialmente) nel 1972 – la decisione di staccare definitivamente i rapporti con la parte pubblica. Questa volta senza ripensamenti.