«Difficilmente re Salman metterà a margine il figlio: è anziano, non del tutto lucido, succube del principe ereditario a cui le autorità saudite non imputano alcun ruolo ma che rischia parecchio: i 18 arrestati appartengono al suo entourage, difficile negare responsabilità». Soprattutto ora che il presidente turco Erdogan ha scritto sul Washington Post, ieri: «Sappiamo che l’ordine di uccidere Kashoggi arriva dai più alti livelli del governo saudita, ma non credo che re Salman sia coinvolto».

A commentare il delitto è Stéphane Lacroix, professore a Sciences Po, Parigi. «Mbs è in una situazione di fragilità, ma in questi due anni è riuscito a consolidare il potere, prendendo le redini dell’apparato statale ed epurando gli altri contendenti», aggiunge l’autore di Awakening Islam. The Politics of Religious Dissent in Contemporary Saudi Arabia (Harvard University Press).

Chi potrebbe tener testa a Mohammed bin Salman?

I personaggi sono tre. Mohammad bin Nayef (Mbn) ha 59 anni ed era stato principe ereditario fino al giugno 2017. Potrebbe rappresentare un pericolo per Mbs perché nel 2004 era stato nominato viceministro degli interni e aveva preso posizione in modo deciso contro il terrorismo. Per questo è molto apprezzato da Washington e dalla comunità internazionale. Resta un’alternativa possibile, perché può raccogliere consensi all’interno della famiglia reale e ha i suoi fedelissimi nel ministero degli interni e nella polizia, ma al momento è agli arresti domiciliari, non ha libertà di movimento.

Nominato principe ereditario, Mbs aveva creato un proprio apparato di sicurezza perché non si fidava delle forze regolari legate al suo predecessore. Chi altro potrebbe aspirare al trono?

Il principe Ahmed bin Abdelaziz, classe 1942 e quindi della generazione di re Salman. Non è un politico, è percepito come debole, non era stato in grado di far valere i propri diritti e per questo non era stato tenuto in conto nella linea di successione. Ma ha le carte in regola e potrebbe reclamare il trono se servisse consenso attorno a un personaggio. Due mesi fa aveva fatto parlare di sé partecipando alla manifestazione contro la guerra in Yemen davanti all’ambasciata saudita a Londra. Dopo aver dichiarato che i morti erano da imputare a Mbs, non è rientrato in Arabia saudita e non mi pare si sia pronunciato sul delitto Kashoggi, ma la lontananza non gioca a suo favore.

Qualche altro candidato tra i giovani?

Khaled, fratello minore di Mbs, garantirebbe la successione nel ramo di re Salman. Ambasciatore a Washington, è rientrato tre settimane fa a Riyadh. Ha 30 anni e poca esperienza, ma ha un buon carattere e piace agli americani. In ogni caso è improbabile che Mbs perda la poltrona.

Quali conseguenze avrà il delitto Kashoggi sull’economia saudita?

Trump e Macron non smetteranno di vendere armi ai sauditi, Merkel è isolata nel suo volere l’embargo. Il problema è il calo di fiducia degli stranieri nell’ambizioso progetto del principe ereditario che ha assoluta necessità di investimenti massicci. In queste settimane gli stessi sauditi hanno ritirato i propri depositi nelle banche nazionali per trasferirli, con discrezione, all’estero. Due settimane fa, la borsa di Riyadh ha perso il 7% in un pomeriggio perché gli stranieri avevano ritirato i propri investimenti. La giornata si era chiusa con una perdita del 3,5%, ma solo perché nel pomeriggio il fondo sovrano saudita aveva acquistato quello che gli stranieri avevano venduto: un modo per mascherare il crollo della borsa, costato miliardi di dollari, mentre i capitali fuggono dal regno.

La disoccupazione è formalmente al 12%, ma probabilmente superiore. Il caso Khashoggi innescherà un cambio di politica economica a Riyadh?

Non in tempi brevi: l’Arabia saudita ha ancora riserve per centinaia di miliardi di dollari all’estero e al momento non ha necessità di entrare nella fase di austerità diminuendo il numero di dipendenti pubblici e tagliando i sussidi. Mbs continuerà a spendere al di sopra dei propri mezzi. I problemi si faranno sentire tra qualche anno.

Che legame c’era tra Khashoggi e i sauditi?

Era molto conosciuto e amato. I sauditi sono cresciuti leggendo i suoi articoli. Era stato direttore del quotidiano al-Watan ed era sempre presente nei dibattiti televisivi. Vicino al regime, ma al tempo stesso libero nella parola e interessante perché era una voce critica all’interno dell’apparato.

Il suo corpo è stato fatto a pezzi. Lo smembramento è assolutamente proibito da un hadith (detto) di Maometto, se ne parla nel capitolo qisas (vendetta) al paragrafo muthlah. Se ne è discusso?

Assolutamente no. A prendere posizione dovrebbero essere quei membri del clero politicizzati che Mbs aveva preso di mira già nel 2017, obbligandoli a tacere. Alcuni religiosi dissidenti sono ultraconservatori o radicali, altri sono moderati e reclamano una democratizzazione. Ma sono tutti dietro le sbarre. Emblematico il caso di Salman al-Awda, molto popolare perché ha oltre 15 milioni di follower su Twitter: dopo il 2011 aveva invocato una monarchia costituzionale e la fine della repressione, ma nel settembre 2017 era stato arrestato e il mese scorso il pubblico ministero lo ha condannato a morte. Mbs non tollera il dissenso, poco importa che sia di matrice radicale o moderata, persino i democratici liberali non hanno scampo.