La sua caratteristica più evidente è la sintesi e uno stile fortemente apodittico. Tutta la sua produzione è infatti scandita da testi brevi, asciutti che non hanno nessuno degli elementi che caratterizzano la filosofia tedesca contemporanea, che privilegia spesso tradurre la «lunga durata della riflessione» in altrettanto corposi libri.
Da anni, Byung-Chul Han si è concentrato sul digitale, cioè la pervasività delle tecnologie informativa nella vita sociale e individuale. Di origine coreana, ma tedesco di formazione, ha provato a sviluppare una antropologia filosofica del digitale che lo ha portato a criticare fortemente la pretesa liberatoria della Rete, ritenendola invece il mezzo funzionale di quella società del controllo che due autore poco citati, ma sempre dominanti la sua elaborazione come Gilles Deleuze e Michel Foucault, hanno messo al centro le tecnologie del sé e del controllo nella loro filosofia della contemporaneità.
Byung-Chul Han ha scritto libri sulla società della stanchezza, della trasparenza, sullo sciame come metafora dell’agire collettivo, sulla piscopolitica e su molto altro (tutti i suoi libri sono stati tradotti da Nottetempo). Questa volta si concentra sull’Eros in agonia (Nottetempo, pp. 94, euro 13), con una introduzione di Alain Badiou che all’amore e all’eros ha dedicato alcuni pamphlet, ritenendoli sì un sentimento e una modalità della relazione con l’altro, ma anche come chiavi di accesso a una politica della liberazione. Tema riproposto in questa introduzione, ma assente invece nel libro di Byung-Chul Han.

IL FILOSOFO tedesco-coreano è interessato alla fine dell’eros, colpito al cuore dalla pornografia dilagante attraverso la rete e dal un lento ritirarsi di uomini e donne dalla relazione con l’altro, l’altra, preferendo all’amore e all’eros incontri «mordi e fuggi» e relazioni sessuali all’impronta del consumo del corpo incontrato.
Premesse che suonano come una critica della sessualità ridotta a merce, prodotta e consumata just in time. La società della trasparenza, cioè di una modalità della comunicazione che prevede che tutto sia noto, non solo mette in pericolo la democrazia – l’entropia della comunicazione apre le porte al regime della post verità, sostiene Byung Chul Han -, ma anche l’eros, perché cancella ogni possibilità di mistero, di intimità, di scoperta dell’altro; e cosa più rilevante per l’autore, ogni possibilità di pienezza dell’esperienza individuale.

LA PORNOGRAFIA non è dunque solo la messa in mostra della meccanicità dell’atto sessuale nelle sue polimorfiche espressioni, ma espressione di una prestazione di un corpo divenuto mezzo di produzione. L’eros non nasce dallo sguardo e neppure dalla parola, bensì nell’idea costruita dell’altro; un mezzo, territorio, continente che funziona cioè come specchio che riflette il sé .
Quello di Byung-Chul Han è sempre un eros senza corpo e senza parole perché tanto i corpi che le parole negano la sua funzione di conoscenza. I corpi e le parole intervengono quando l’eros è già stato esperito dall’idea dell’altro. Sono quindi fattori successivi, poco rilevanti. Determinante in questa riflessione è infatti l’eros come annullamento iniziale del sé, svuotamento della propria soggettività per accogliere l’altro. Per farsi penetrare dall’altro.

DA QUESTO PUNTO DI VISTA, l’eros ha molti tratti in comune con la depressione, ma a differenza di essa è un atto vitale, liberatorio. La depressione è l’orrore del già noto che conduce a rinunciare al sé; mentre l’eros è sì rinuncia al sé, ma è sempre fuori posto, inusuale, atopico, scrive Byung-Chul Han: accresce l’esperienza e la conoscenza del mondo attraverso la rinuncia al sé.
Sembra un labirinto, l’eros di questo filosofo, dove ci si perde per poi ritrovarsi, rimanendo sempre se stessi e chiudendo le possibilità a ogni trasformazione. Una tesi non nuova, tuttavia. Ce ne sono ampie tracce nella poesia latina e, bontà sua, nel Marchese de Sade, proprio quando rappresentava la sua filosofia libertina attraverso le descrizioni di atti sessuale e orge.

INTERESSANTI, invece, le parti del libro sulla Rete come veicolo di uno sguardo pornografico sul mondo; ma quello che merita una sguardo critico sul presente non passa certo attraverso la riduzione dell’eros a idea disincarnata dai corpi, dalle relazioni, dalle loro difficoltà, fatiche; e gioie. L’eros è un potente strumento di conoscenza del mondo se c’è incontro senza negazione della propria soggettività, bisogni e desideri. Altrimenti è un onanismo del pensiero. C’è eros dunque se c’è espressione del sé non una sua seppur temporanea rimozione, come scrive invece Byung-Chul Han. L’agonia dell’eros si manifesta proprio quando si rinuncia al desiderio in nome dell’accoglimento dell’altro, riducendo l’eros a misera metafisica del reale.