Il romanzo di una giornalista brasiliana e scrittrice di successo, Martha Batalha (classe ’73) pubblicato da Feltrinelli col titolo battagliero di Euridice Gusmão che sognava la rivoluzione, racconto satirico e realistico ambientato nello stesso quartiere di Rio dove è cresciuta l’autrice, è stato portato sullo schermo dal regista e visual artist brasiliano Karim Aïnouz. Premiato a Cannes fin dal suo esordio nel 2002 Madame Sata, con questo film ha ricevuto quest’anno il premio al Certain Regard di Cannes per la miglior regia.

Ci riporta nei canoni del melodramma anni ’50 riletto però non dal punto di vista del buon senso comune ma da quello delle donne, in chiave femminista. Numerosissimi erano i film realizzati in quegli anni dal cinema italiano, dalla trama sempre uguale con la caduta inevitabile delle fanciulle adescate dal seduttore, con successivo monito al destino drammatico che le aspettava. Italiani erano anche i registi che operavano alla rinascita del cinema brasiliano tra gli anni cinquanta e i sessanta, da Carpi a Salce a Celi della Vera Cruz, più sofisticati negli intrecci dei loro film, mentre il cinema brasiliano proponeva trame di uguale impatto sul pubblico da Pecado de niña di Eurides Ramos (1950) ai film di Jacobbi e Lazzarini.

NEI FILM degli anni cinquanta ricoprono ruoli comprimari genitori e seduttori, qui in scena le protagoniste assolute sono due sorelle, Euridice (Carol Duarte) e Guida (Julia Stockler), come fossero un’unica presenza, due facce di una stessa personalità femminile: quella ubbidiente, un po’ austera, disposta a rispettare le regole di una ragazza perbene e l’altra, la ribelle affamata di vita che si lascia andare alle emozioni e, senza calcolare le conseguenze, cede allo sconosciuto ed è cacciata di casa con il figlio in grembo, secondo una tradizione consolidata.

IL LEGAME tra le due sorelle dovrebbero essere le lettere che Guida continua a scrivere senza che vengano mai recapitate, «per non far entrare la vergogna nella famiglia» neanche sotto forma di parole. L’elemento moderno del romanzo è infatti contenuto nella pericolosità di una donna che osa esprimersi: così come la donna (la donna latina degli anni cinquanta, in questo caso) è bene che non esprima opinioni diverse da quelle dell’autorità maschile, così scrivere o suonare il piano anche se ai massimi livelli è considerata manifestazione sconveniente, secondo la regola che la moglie è bene che badi alla casa e ai figli.

Alla madre poi è stata tolta del tutto la parola, non riesce ad opporsi neanche verbalmente quando il marito mette alla porta la figlia. «Invisibile» per poterlo frequentare deve rimanere tutto il mondo a parte delle donne, talenti, desideri ed emozioni. Se viene alla luce potrebbe far esplodere cataclismi, cambiare il corso della vita stessa. Potremmo guardare alle vicende di Euridice e Guida come a reperti archeologici, come materiale ricavato dalle telenovelas, il fatto è che il patriarcato, l’autoritarismo in senso lato, il fascismo strisciante non ha certo smesso di essere attivo da quegli anni cinquanta, come ci mostra il Brasile contemporaneo.

La natura lussureggiante, i panorami di Rio de Janeiro si coniugano perfettamente con la presenza delle due interpreti che mettono ai margini padre, marito e amanti che pure dettano legge e riescono ad andare avanti nella loro vita con il segreto dell’invisibilità. Una scompare alla vista di tutti, l’altra mantiene per sé il suo spazio creativo. La solitudine è il prezzo da pagare. Più forti delle imposizioni sono le loro vie di fuga, il duro lavoro per la pura sopravvivenza, la solidarietà femminile per Guida, la musica per Euridice.

IL TONO del film è misterioso e romanzesco, le motivazioni più profonde parlano di presa di coscienza e mostrano inattese soluzioni e parlano a un pubblico senza tempo. Senza svelarne i destini finali, compare anche la figura di Fernanda Montenegro musa del cinema brasiliano, conosciuta in Italia per Central do Brazil di Walter Salles., attivissima nelle serie televisive come al cinema.