La vita in mezzo, ovvero tra Italia e Marocco, tra Torino (dove c’è la più grande comunità marocchina italiana) e Khouribga (città da dove proviene la maggior parte dei marocchini migrati in Italia). Cosa vuol dire stare sospesi tra due paesi, due identità, due culture, cercando l’integrazione e al tempo stesso rimanendo ancorati alle proprie radici? Andrea Parena – socio fondatore della casa di produzione torinese Baby Doc che ha prodotto, tra gli altri, Rata nece biti e Pietro di Daniele Gaglianone, direttore della fotografia del film più recente di Gaglianone Il tempo rimasto e autore di documentari – con La vita in mezzo non cerca tanto di dare una risposta a questo interrogativo complesso e sfaccettato, bensì di esplorare la questione componendo il ritratto di una famiglia, in particolare di un figlio e un padre. «Questo film nasce dal mio incontro con Omar e con suo padre Hassan – afferma il regista – avvenuto mentre conducevo delle ricerche per un documentario sulla comunità marocchina torinese. La loro storia mi è parsa emblematica di cosa significhi vivere divisi tra due mondi e due culture, quando un ragazzo di seconda generazione deve confrontarsi, per diventare adulto, con il peso del retaggio familiare e tradizionale».

PARENA segue così Omar, i due diventano amici, lo fa parlare, lo filma nella sua quotidianità tra preghiere e luoghi di ritrovo, insieme alla compagna italiana, hanno un figlio, ma lei rifiuta di convertirsi all’Islam opponendosi al matrimonio religioso che il padre di Omar vorrebbe. Inoltre, Omar è in attesa di un processo per violenza nei confronti di un parente della compagna. E nel frattempo Hassan, dopo oltre vent’anni di lavoro in Italia, ha deciso di tornare a Khouribga. E Omar lo seguirà accettando un matrimonio combinato con una ragazza marocchina. Anche il film si sposta in Marocco per continuare a descrivere i suoi personaggi, parlare con il padre e altri, portare in evidenza una società conservatrice (dove, per esempio, è vietato filmare le donne in casa) all’interno della quale si dibatte ma non risulta essere estraneo neppure Omar. Parena sceglie la strada di un racconto fatto di dialoghi e incontri, di voci in campo e fuori campo, rivelando una intimità con i soggetti trattati e con le loro storie.

INFATTI, nelle parole del regista, il film «è il risultato della relazione tra me e i suoi protagonisti che significativamente hanno aperto ad un “estraneo” il loro privato, ma non riuscivano ad incontrarsi tra loro». Una storia familiare, non certo unica, che diventa espressione di un «vivere in mezzo» che accomuna tante persone, pur ognuna con le sue differenze, nelle stesse condizioni di quelle individuate da Parena.
La vita in mezzo, co-produzione tra Italia e Marocco, sarà presentato in due proiezioni a Torino: lunedì 17 (ore 20.30) al cinema Massimo alla presenza del regista, e preceduto da una performance della poetessa marocchina Nezha Elmoutchou, e replicato mercoledì 19 (ore 21) al CineTeatro Baretti.