Di racconti e di memorie di lotta ne esistono parecchi. Compongono una galassia di storie che ricostruisce la storia dei movimenti e il modo in cui hanno incrociato le biografie personali. Costituiscono un archivio che in questi anni ha consentito la conservazione della memoria storica, anche al di fuori del dibattito dominante, quando agli sconfitti veniva chiesto l’oblio. Questo di Valerio Minnella è un libro particolare, per le vicende che racconta, per come le mette in fila e per il metodo attraverso cui procede lungo cinquant’anni di storia.

IL BARICENTRO di questo itinerario, il vortice dentro cui tutto converge e che rappresenterà l’evento fondativo e lo spartiacque tra due epoche, è rappresentato da Radio Alice, la storica emittente bolognese chiusa armi alla mano nei giorni della rivolta del Settantasette bolognese. Qui si precipitano le rivendicazioni di libertà e l’uso creativo della tecnologia (quello che qualche anno dopo sarebbe stato definito il movimento hacker), la rottura degli schemi e la speranza di aprire la radicalità a più gente possibile. Minnella si trova al mixer nei momenti angosciosi del blitz poliziesco che chiuse l’emittente del movimento. Parla al microfono, mette sul piatto un concerto di Beethoven e pronuncia in un irrestistibile mix di ansia e provocazione la sentenza che dà il titolo al libro: Se vi va bene bene sennò seghe (Alegre Quinto tipo, pp. 352, euro 18).

Di che genere di libro si tratta? Non è un memoir vero e proprio. La storia viene ricostruita attraverso un dialogo a tre cui partecipano Wu Ming 1, scrittore e direttore della collana Quinto tipo, e l’autrice e attivista transfemminista Filo sottile. Si aggiunge anche la stessa Alice, che diventa una voce autonoma del racconto. Gli interlocutori fanno da spalla a Minnella, contestualizzano le cose che dice, ragionano insieme a lui di analogie e differenze e riportano elementi utili al fluire del racconto. Dalle prime battaglie per il diritto all’obiezione di coscienza alle telestreet del dopo-Genova 2001, passando per lo scoutismo e il movimento per la chiusura dei manicomi, la vita di Minnella è la dimostrazione che le lotte, i loro linguaggi e le direzioni esistenziali che ne derivano, prendono percorsi e hanno esiti imprevedibili: eccedono ogni classificazione. Lungo questo percorso che dura appunto quasi mezzo secolo, Minnella incontra pacifisti e pannelliani, radicali e cattolici, autonomi e liberali, tipi fulminati e personaggi lucidissimi, Danilo Dolci e Franco Basaglia, non-violenti irremovibili e militanti disposti a non farsi troppi problemi per la pratica dell’obiettivo.

LUNGO QUESTO CAMMINO eterodosso e polifonico si possono isolare due costanti: il protagonista si batte per fondare diritti che non esistono e allargare spazi di libertà contro ogni autoritarismo. Cerca metodi di lotta che eccedano il gesto individuale: forme comunicabili, riproducibili, potenzialmente larghe. Ne viene fuori un itinerario praticamente inedito del pre e post anni Settanta, contro ogni stereotipo militante e inadatto a ogni catalogo questurino. «Non credo che abbiamo davvero fatto la grande differenza», dice ad esempio Minella a proposito degli Angeli del fango che andarono a ripulire Firenze dopo l’alluvione del novembre 1966. «Abbiamo spalato sicuramente tanto, ma il grosso lo hanno fatto le macchine, i trattori e le ruspe che sono arrivate – prosegue-, ma non ha importanza. Non importa quanto fai, quello che conta è che se hai possibilità di fare qualcosa, lo fai. Quello che conta è che non sei l’unico scemo che ci va, conta che migliaia di persone si muovono, che diventa un’azione collettiva, del popolo e non del singolo. Queste sono le azioni importanti che cambiano la storia». Ecco perché è difficile annoverare queste pagine al (pur nobile) catalogo della «storia dei vinti».

Piuttosto, Minnella mostra come ogni epoca sia hackerabile, riveli sempre capacità inespresse e alleanze differenti. Visto in questa prospettiva, chi prende parte ai conflitti che animano la società può considerarsi parte di un moto che va oltre lo stretto orizzonte del contingente. Indica una via materialista verso l’eternità, attraverso la quale chi lotta può davvero dirsi invincibile.