«Siamo stanchi di chi si indigna punto e basta. L’indignazione non basta. Per cambiare le cose serve prendersi cura della Costituzione». Riecheggiano una delle ultime conversazioni di Pietro Ingrao (Indignarsi non basta, con Maria Lusa Boccia e Alberto Olivetti), le parole di don Luigi Ciotti, che concluderanno dal palco di piazza del Popolo a Roma, domani, la manifestazione nata dall’appello «La via maestra» (primi firmatari, oltre al fondatore del Gruppo Abele, Rodotà, Landini, Zagrebelsky e Lorenza Carlassare). La cura, l’attuazione della Costituzione e lo stop allo «strappo» – così lo definisce Rodotà – della deroga all’art.138.

Fioccano le adesioni, oltreché dalle associazioni da sempre impegnate sui temi dei diritti (Arci e Emergency, Comitati Dossetti, Art.21, Antigone, partiti della sinistra, ma per l’elenco completo rimandiamo a costituzioneviamaestra.it), anche dal dissenso di casa Pd, il partito al governo cui gli organizzatori chiedono apertamente di cambiare idea in aula, o almeno non far raggiungere quei due terzi dei sì in parlamento e dunque di consentire il referendum sulla deroga del 138. Eventualità difficile da acciuffare, che da sola e azzopperebbe la discussione sulle riforme: sarebbe un colpo al cuore, anzi al core business del governo Letta-Alfano. Dal Pd zona insofferente alle larghe intese arrivano comunque le personali adesioni di Sergio Cofferati, Pippo Civati, Gad Lerner e Vincenzo Vita.

Dalle associazioni giunge però anche qualche dissociazione dolorosa. È il caso dell’associazione dei partigiani che, pur avendo partecipato all’incontro di Bologna del giugno scorso, dove fu lanciata l’idea di un’iniziativa nazionale, ha deciso di non aderire alla piazza di domani, nonostante la netta contrarietà alla deroga al 138 da sempre espressa. «Qusta battaglia non può essere solo di una parte dei cittadini, ma dev’essere la più estesa e condivisa possibile, anche per l’eventualità (tutt’altro che improbabile) che alla fine si debba ricorrere al referendum, per il quale non basta solo la partecipazione attiva della sinistra, ma necessita una partecipazione davvero unitaria di tante cittadine e cittadini, perfino al di là delle loro specifiche convinzioni politiche», ha scritto ieri il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia in una lettera aperta sull’Unità. Gli organizzatori hanno a più riprese negato l’idea che dietro l’iniziativa di domani ci sia la regia di una nuova formazione politica. E il travaglio a casa Anpi è stato forte. Non saranno pochi i partigiani di tutte le età che scenderanno in piazza, anche senza le insegne dell’associazione. A partire da Tiziana Pesce, figlia della medaglia d’oro al valor militare Giovanni e della staffetta partigiana Nori Brambilla. Altra partita delicata sarà, in piazza, la presenza dei 5Stelle, contrari anche loro alla deroga del 138. Ieri Grillo e Casaleggio hanno scomunicato i due loro senatori promotori della cancellazione del reato di immigrazione clandestina. In rete è scoppiata la rivolta. La manifestazione invece sfilerà con il lutto al braccio dei morti di Lampedusa. E dal palco di piazza del Popolo parlerà, in collegamento, la sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini.

Voci diverse in piazza anche sul come ripristinare la legalità costituzionale nelle carceri. Ieri il periodico Micromega, che aderisce al corteo, ha lanciato un appello per la cancellazione delle Bossi-Fini e Fini-Giovanardi. Ma «no all’amnistia». Favorevole all’amnistia invece Rodotà, che però avverte: «In piazza nessuna disciplina di partito sui cartelli». «Speriamo che cartelli di questo genere non ce ne siano», è invece l’auspicio della giornalista Sandra Bonsanti.