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Reduce da ventotto giorni di prigione, la prostituta transessuale Sin Dee (Kitana Kiki Rodriguez) scopre che il fidanzato l’ha tradita con una donna e decide di vendicarsi. È la premessa elettrica di Tangerine , il nuovo film di Sean Baker che qui vira il tono neorealista dei suoi lavori precedenti in un direzione pop veritè. Ideato a partire dalla collaborazione con un gruppo di transgender lonsageline, e presentato al Sundance nella sezione Next, è stato uno dei film più emozionanti del festival. Abbiamo incontrato il regista.

Dopo Starlet un nuovo film ambientato a Los Angeles, Come sei arrivato a Tangerine?

Pensavo che, rispetto a Starlet, questo sarebbe stato un ritorno ai lavori precedenti, girati a New York, come Prince of Broadway – teleobbiettivo, molta enfasi sull’ osservazione, movimenti di macchina lunghi…Ma, nel corso della ricerca, mano a mano che conoscevo le ragazze lo stile del film ha iniziato a cambiare spontaneamente, per via delle loro personalità, della loro fisicità e della fisicità delle location. Quando abbiamo identificato quella che sarebbe stata «la storia», ho deciso che la macchina si sarebbe mossa in sincrono con quella storia, e con i personaggi. Tutto ad un tratto, l’approccio quasi antropologico che avevo in mente, non mi è sembrato più adatto. Anzi, rischiava di essere paternalistico. Specialmente dopo che Maya Taylor (la coprotagonista, ndr) mi ha detto che voleva un film che la facesse ridere, che fosse divertente, per lei e le ragazze. Mi sono reso conto allora di star cercando un equilibrio tra la scoperta di un nuovo mondo e una commedia. Trascorrere del tempo con Maya e le altre era come andare a un comedy show. Tra di loro è un continuo scambio di battute, enunciate con tempismo perfetto. Spesso lo humor è usato per nascondere la durezza di quello che stanno vivendo – cosa che facciamo tutti, solo che nel loro caso è molto accentuato. Anche sul set abbiamo trattato il film come una commedia. Come ha detto Robert Zemeckis, l’essenza della commedia non è nelle battuta divertente, ma nella reazione. Anche per quello ho cercato di fare un film d’insieme. La scena finale con tutti i personaggi è un omaggio a Mike Leigh, e ad Altman. Avevo un solo fonico e l’ho torturato, facendogli microfonare tutti. Ma al montaggio sono stato liberissimo di scegliere come usare i dialoghi.

La macchina si muove, come trascinata dal personaggio Sin Dee, che a sua volta trascina il film..

La camminata di Sin Dee è molto caratteristica, aggressiva, vistosa. È come se Maya, le loro amiche, e il pubblico, facessero sempre un po’ di fatica a starle dietro. Quindi i movimenti di macchina dovevano seguirla e, allo stesso tempo, partecipare a quella camminata.

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Il luogo è sempre molto importante nei tuoi film…Perché questa parte di Los Angeles? 
Non vivo molto lontano dall’incrocio tra Highland e Santa Monica. Quando ci passi, anche solo guidando, non puoi non notare che sta sempre succedendo qualcosa. E io sono attratto dai luoghi dove c’è energia, azione. Si tratta anche di una sorta di distretto a luci rosse, il che fa di questo film una continuazione dell’esplorazione dell’universo dei sex workers che ho intrapreso in Starlet. Ma là cercavo di esaminare la vita personale (di un’attrice porno), qui si tratta della storia di una donna offesa e umiliata, ambientata in quel mondo.

È una storia che hai trovato insieme ai personaggi.. 

Abbiamo coinvolto tutte le ragazze, anche se Maya era la più entusiasta ed interessata. È stata anche la prima ad accettare. Mi ha presentato Kitana qualche settimana dopo. Sulla base della loro interazione, ho deciso che il film si sarebbe concentrato su di loro. Ma poteva essere qualsiasi cosa – una storia d’amore, di vendetta… A poche settimane dall’inizio delle riprese avevamo delle scene ma non una storia. Al che Kitana mi ha raccontato di questa ragazza che, a forza di botte, aveva trascinato davanti al fidanzato la donna con cui lui la tradiva. Chris ed io ci siamo appassionati non solo alla componente drammatica ma anche al discorso più sotteso dell’identità: quanto può essere doloroso per una (donna) transgender essere tradita con una «donna», biologicamente parlando. Abbiamo scritto un trattamento che le ragazze hanno amato. E poi abbiamo aggiunto cose che loro volevano fare nel film – per esempio, Maya voleva cantare. La nostra collaborazione non si è fermata alla sceneggiatura. Kitana si presentava regolarmente durante il montaggio: la sua presenza è stata preziosa. È stata lei a farmi notare che un pezzo di musica che avevo messo sulla scena finale non era adatto, suonava falso, creava distanza nei confronti dei personaggi. Le devo molto.

Da dove viene invece la trama del taxista armeno e della sua famiglia? 

Dal mio desiderio di lavorare di nuovo con Karren Karagulian. È la nostra quinta collaborazione. Los Angeles ha una folta comunità armena, quindi era facile includerlo. Ed eravamo d’accordo che sarebbe stato un taxista. All’inizio era preoccupato della reazione che avrebbero avuto gli Armeni di fronte al fatto che il suo personaggio era innamorato o provava desiderio per una delle ragazze trans. Ma la presenza nel cast di attori noti in Armenia come Arsen Grygorian e Alla Tumanian lo ha tranquillizzato

Hai girato il film con un iPhone 5 S. Ci spieghi i dettagli? 

Non avevamo i soldi per girare in pellicola o con telecamere di alta qualità come la Red; e, visto che potevo permettermi solo una macchina di basso livello, ho pensato di fare una scelta diversa. Ero rimasto colpito da alcuni video sperimentali girati con l’iPhone che avevo visto su You Tube. E un giorno, sempre online, ho scoperto una compagnia che, via Kickstarter, cercava finanziamenti per un adattatore anamorfico da usare con il telefonino: l’abbinamento elevava le immagini a una qualità cinematografica. Così mi sono fatto prestare tre prototipi (l’adattatore non era ancora stato messo in commercio) e abbiamo usato una steady cam per stabilizzare la macchina. Infine, ci siamo serviti di una App che costa 5.99 dollari e che ti permette di girare a 24 fotogrammi al secondo, non i 30 del telefonino, che sa di video. Sapevo che in postproduzione avrei potuto lavorare molto sulla saturazione dei colori, il contrasto e la grana.

Il colore è importantissimo ….

Per il primo test avevo desaturato tutto: aspiravo al tipico look del realismo sociale inglese –Ken Loach, MikeLeigh, o la serie tv The Office. Al cinema, oggi, quel look è sinonimo di realtà ma rendeva Tangerine noioso e cheap, tradiva il nostro budget molto basso. Quindi ho fatto l’opposto, forzando il colore: dopo tutto si tratta di un mondo e di personaggi ipercolorati. Temevo di perdere di maturità, che diventando troppo pop il film sarebbe stato meno rispettato, per esempio ai festival. Ma i risultati mi piacevano e ho deciso di buttarmi. Abbiamo girato quasi ogni giorno al crepuscolo, tra le 2 e le 4.30 del pomeriggio, quando la luce è molto calda. Quindi l’arancione è diventato dominante. L’idea delle lucine colorate di Natale è stata di Chris Bergoch, il mio co-sceneggiatore, che ha una sensibilità molto mainstream e mi ha ricordato film come Home Alone e Die Hard che sono ambientati il giorno di Natale. Mi è sembrato un bel contrasto con quello che succede ai personaggi.

E la musica?

Tangerine è un film per cui ho cercato di sfruttare al massimo le nuove tecnologie – You Tube, Instagram, e Vine, che ho usato sia per le musiche che per il casting per esempio della madam del bordello. Sempre su Vine ho trovato una studentessa diciottenne della New York University che ha 2 milioni di followers, Wolf Tyler. In genere parla e basta ma ogni tanto lo fa su musica e mentre balla. La sua è trap music, un tipo di sound elettronico che i DJ del New Jersey e di Baltimora praticavano molto a inizio anni ottanta e che è tornata molto di moda. Era perfetta per noi. A quel punto ho deciso che la musica avrebbe dettato il ritmo del film. Non avevo un supervisore delle musiche quindi contattavo direttamente gli artisti che sceglievo su soundCloud e, una volta assicurati i diritti di un pezzo montavo la scena corrispondente sul suo ritmo. Poi ho aggiunto Beethoven e, dalla trap music, mi sono spostato verso un mix più eclettico.

Il neorealismo e i Dardenne sono sempre citati come le tue influenze. Ti riconosci?

Autori e film diversi mi hanno ispirato in momenti diversi. Senz’altro Cassavetes il Lars von trier di Dogma 95, la nouvelle vague francese e per gli indipendenti americani, Slacker di Richard Linklater. Ma amo molto Maurice Pialat. Infatti per Tangerine ho fatto vedere Ai nostri amori al mio cast.