Non se ne conoscono ancora gli esiti completi ma il vertice trilaterale di ieri a Gerusalemme tra i consiglieri per la sicurezza nazionale di Israele, Usa e Russia sull’Iran, la Siria e altre crisi aperte in Medio oriente, non è andato nella direzione desiderata da Benyamin Netanyahu. Il premier israeliano, già forte dell’appoggio degli Stati Uniti, credeva di poter ottenere maggiori garanzie dalla Russia (alleata di Damasco) riguardo la presenza iraniana in Siria, una «minaccia esistenziale» secondo lo Stato ebraico. Invece le dichiarazioni fatte dal consigliere russo per la sicurezza Nikolai Patrushev, indicano che Mosca resta schierata con Tehran, nonostante le differenze e le incomprensioni emerse di recente tra le due parti. Patrushev ha respinto la posizione di Stati Uniti e Israele secondo cui l’Iran sarebbe «la principale minaccia alla sicurezza regionale». Piuttosto, ha fatto capire, sono i raid aerei israeliani in Siria contro le forze iraniane a tenere alta la tensione. Commentando l’abbattimento di un drone americano da parte dell’Iran la scorsa settimana – Trump a sorpresa ha fermato la rappresaglia Usa – Patrushev ha detto che il ministero della difesa russo ha stabilito che l’aereo è entrato nello spazio aereo iraniano, come ha sempre sostenuto Tehran. «Non abbiamo visto altre prove», ha aggiunto. Infine il consigliere russo ha lodato la presenza dell’Iran in Siria spiegando che «sta contribuendo alla lotta contro i terroristi sul suolo siriano e sta stabilizzando la situazione».

Patrushev si è detto consapevole delle preoccupazioni di Israele e ha assicurato che la questione viene regolarmente affrontata durante i colloqui tra Mosca e Tehran. «Prestiamo particolare attenzione al tema della sicurezza di Israele», ha affermato. Pronta la replica del falco della politica estera americana, il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton giunto nei giorni scorsi in Israele. Bolton ha contestato la visione positiva delle truppe iraniane in Siria sostenendo che anche «I russi vorrebbero vedere le forze iraniane andarsene via». Secondo il consigliere di Trump, la Russia non è stata finora in grado di raggiungere questo obiettivo e che il risultato del vertice di Gerusalemme contribuirà a «trovare un modo per realizzarlo». Più defilata è stata la posizione di Meir Ben Shabbat, il consigliere israeliano per la sicurezza nazionale che ha preferito lasciare la scena a Netanyahu. «Abbiamo discusso di molte questioni – ha detto il premier – Noi siamo determinati a far uscire gli iraniani dalla Siria e vi è concordanza tra le due grandi potenze e Israele sulla necessità di accelerare uno scenario di uscita dal territorio siriano di tutte le forze straniere che sono entrate dopo il 2011». Infine Netanyahu ha ribadito che Israele non permetterà all’Iran di procurarsi armi nucleari.

Torna ad usare toni bellicosi contro Tehran anche Donald Trump, irritato dalle dichiarazioni del presidente iraniano Rohani secondo cui le nuove sanzioni contro la Repubblica islamica annunciate dalla Casa Bianca sono «un segno di ritardo mentale». Trump ha minacciato una reazione «schiacciante» ad un eventuale attacco iraniano alle forze Usa nel Golfo. «La dichiarazione iraniana di oggi, molto ignorante ed offensiva, dimostra solo che loro non capiscono la realtà», ha tuonato su twitter. Parole che non hanno intimorito gli iraniani. Il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif ha risposto puntando il dito contro il cosiddetto “B-Team” – Bolton, (Bibi) Netanyahu, l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman e il leader degli Emirati Khalifa bin Zayed Al Nahyan – colpevole a suo dire di spingere Usa e Iran verso la guerra. Intanto funzionari iraniani hanno ribadito che il paese si attende, dall’Europa in particolare, misure concrete per aggirare le sanzioni economiche statunitensi, altrimenti il 7 luglio la Repubblica islamica uscirà dall’accordo internazionale sul suo programma nucleare siglato nel 2015, anche con l’approvazione dell’ex presidente americano Barack Obama.