Al di là di equilibri parlamentari e scontri interni al Movimento 5 Stelle, il primo appuntamento per valutare la portata della rottura tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo restano le elezioni amministrative che dovrebbero essere fissate per il primo fine settimana di ottobre.

È difficile pensare, tanto per cominciare, che un M5S de-contizzato non paghi qualche scotto nel voto di Roma. La candidatura di Roberto Gualtieri, che è stato il ministro dell’economia nel governo giallo-rosa e che con Conte ha lavorato per mesi a stretto contatto, veniva considerata già in partenza problematica per l’impegno dell’ex presidente sul fronte strategico della lotta per il Campidoglio. Al momento pare probabile che la sindaca uscente debba rimanere fedele al progetto di Grillo. Il che lascerebbe Conte libero di manifestare la sua stima per il candidato del centrosinistra, che prima della crisi dei 5 Stelle era dato in un testa a testa con Raggi per arrivare al ballottaggio. Sarebbe un primo segnale che gli equilibri consolidati sono destinati a cambiare.

L’altro arriva da Torino, dove il centrosinistra ha in Stefano Lo Russo un candidato oggettivamente debole per la scarsa partecipazione alle primarie che lo hanno scelto. Sotto la Mole il M5S non ha ancora un candidato. Per capire quanto il terremoto grillino produca scosse che arrivano anche da queste parti non c’è bisogno di retroscena, basta leggere le dichiarazioni di Chiara Appendino, la sindaca M5S che ha deciso di non correre per il secondo mandato. «Siamo amareggiati – ha detto Appendino – Chi ha vissuto tutto il percorso del M5S vive un momento difficile. Il tema è come continuare a incidere sull’azione di governo».

Il nodo è decisivo, tanto che alla conferenza stampa di lunedì scorso Giuseppe Conte pur negando di aver pronto qualsiasi «Piano B» al di fuori del M5S si è lasciato sfuggire che «anche da privato cittadino» avrebbe fatto campagna elettorale nei territori in cui, da leader in pectore, ha contribuito a trovare un accordo con il Pd.

Come in Calabria, dove dopo vicissitudini l’asse Pd-M5S ha tirato fuori l’imprenditrice Maria Antonietta Ventura. Adesso quella candidatura potrebbe traballare. Un parlamentare calabrese nel pieno delle discussioni infuocate che seguono il licenziamento di Conte da parte di Grillo dice: «Conte? Non ci ha mai coinvolto. Sulle alleanze in Calabria: chi ha scelto Ventura? Di certo io non la sosterrò». L’effetto rimescolamento è solo all’inizio. Bisogna ad esempio registrare che Carlo Tansi, candidato civico che già alle scorse regionali sfiorò l’8% e che dapprima era alleato di Luigi de Magistris, ha sostenuto che se Conte costituirà una sua formazione politica, lui si schiererà al suo fianco. Conte tre giorni fa ha detto anche che si sarebbe speso per Gaetano Manfredi a Napoli, altra partita che ha gestito in prima persona. Qui l’alleanza pare più solida, e la presenza sul territorio di Luigi Di Maio e Roberto Fico dovrebbe fare da garanzia. Resta che i dissidenti del M5S sono stati tra i primi ad appellarsi a Grillo per farsi consegnare il simbolo. Qui come altrove, c’è la possibilità che il nuovo scenario consegni agli avversari della linea «progressista» del M5S nuovi argomenti.