A poche ore dal varo dell’Unione bancaria, che molti leader europei hanno definito “storica”, nel giorno della conclusone del Consiglio europeo a Bruxelles l’agenzia di rating statunitense S&P ha degradato il voto della Ue, da AAA (rating massimo) a AA+, come gli Stati uniti. Standard & Poor’s critica forse un accordo che dovrebbe evitare fallimenti disordinati delle banche, ma solo dal 2026, oppure intende sottolineare che la riforma non prevede la separazione tra banche d’affari e banche di deposito, misura che limiterebbe gli effetti negativi della speculazione sulle economie dei vari paesi? Non bisogna farsi illusioni. “Quando gli dai la mano, prendono il braccio” ha commentato il Partito della sinistra europea. Secondo gli analisti di S&P, il “livello di solvibilità degli stati Ue si è abbassato”, perché molti paesi ultimamente hanno perso il rating AAA (la Francia nel novembre scorso, dopo Italia, che è ormai a BBB, Spagna, che è a BBB-, Slovenia, Cipro e Olanda), rating conservato ormai solo più da sei paesi Ue (Germania, Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Gran Bretagna, a cui il voto massimo è stato confermato ieri, anche se con “prospettiva negativa”). Il rating della Ue era in discussione dal gennaio 2012, quando S&P aveva giudicato che le prospettive erano “negative”. Secondo l’agenzia Usa, le discussioni sul bilancio della Ue, per il periodo 2014-2020, sono “sempre più tese”, ci sono “rischi relativi al sostegno alla Ue da parte di alcuni stati membri”. Comunque, non dovrebbero esserci conseguenze pesanti sul livello dei tassi di interesse, anche se la Commissione ha giudicato “incomprensibile” il downgrading della Ue.

S&P pensa che la solidarietà europea sia illusoria? Il risultato del Consiglio europeo non gli dà torto. La Francia, che ha chiesto solidarietà (anche e soprattutto finanziaria) per gli interventi in Africa, Sagaris in Centrafrica dopo Serval in Mali, esce a mani vuote. L’Unione europea, se deciderà qualcosa, lo farà solo a gennaio, al consiglio degli Affari europei. Nel frattempo, Parigi incassa dai partner un “sostegno unanime” a parole e una vaga promessa da parte della Polonia, di inviare un aereo e 50 militari in Centrafrica, mentre Belgio e Estonia affermano di “studiare” qualche forma di partecipazione. La Germania ha rifiutato un finanziamento retroattivo. “Quando si lanciano operazione, è importante mettersi d’accordo prima, non si puo’ presentare il conto dopo” ha tradotto il cancelliere austriaco Werner Faymann.

Per la Commissione, la perdita del rating AAA è incomprensibile, perché la Ue “non ha né deficit né debiti”. Difatti, al Consiglio è stata di fatto ignorata la proposta francese, sostenuta anche dall’Italia, di permettere investimenti pubblici per compensare quelli privati in crisi, attraverso la possibilità di un indebitamento della zona euro, per rilanciare l’attività nei paesi del sud, limitando cosi’ la divergenza in corso tra i paesi, che mina la moneta comune. E’ questa una soluzione alternativa alla mutualizzazione dei debiti, respinta dalla Germania. Ma Berlino insiste, al contrario, sui “contratti” che i paesi in deficit dovrebbero sottoscrivere per ottenere aiuti in cambio di riforme strutturali per rilanciare la competitività. Nel comunicato finale, c’è l’inquietudine sull’applicazione della “garanzia per i giovani”, i 6 miliardi stanziati per l’occupazione giovanile nei 28 paesi: gli stati tardano a presentare proposte precise. I ritardatari sono minacciati di perdere i finanziamenti. Per il momento, solo 11 paesi su 28 hanno presentato progetti (Ungheria e Lettonia in versione definitiva, Francia, Italia, Croazia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Romania e Slovacchia in versione provvisoria), mentre non soltanto Germania, Austria o Finlandia, che non ne hanno molto bisogno, ma Grecia, Spagna e Bulgaria sono in ritardo.

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