Un rimprovero all’Italia per non aver ancora inviato i conti relativi alla spending review, e insieme un monito al nuovo (in via di formazione) governo Renzi: rispetti il vincolo del 3% e riduca il debito pubblico. L’Eurogruppo che si è tenuto ieri a Bruxelles non è stato facile per il nostro Paese, visto il momento di passaggio delicato che politicamente stiamo attraversando. Anche se i mercati per il momento danno credito a Matteo Renzi: ieri lo spread è arrivato a toccare quota 191, e il tasso dei Btp è sceso fino al 3,6%, numero che non si vedeva dal 2006.

La giornata di ieri si è aperta con una dichiarazione poco onorevole per l’Italia, da parte del portavoce del Commissario agli Affari economici Olli Rehn: «C’è una data limite per la presentazione di dati che possano essere presi in considerazione nelle previsioni d’inverno e quella data è oggi – ha spiegato Simon O’Connor – «Non ho notizia di aver ricevuto alcun dato» sulla spending review italiana.

Le nuove previsioni per l’economia, la Ue le diffonderà il 25 febbraio: e certamente questa notazione non ha fatto bene all’immagine del nostro Paese, proprio nel giorno dell’incarico a Renzi per la formazione del nuovo governo. Più avanti nel corso della giornata, Rehn ha spiegato che avrebbe visto in serata il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, facendo capire di apettarsi a quel punto un dossier sulla spending review.

«Io ho fatto le mie proposte al governo Letta il 6 febbraio poi è il governo che deve decidere», ha detto dal canto suo il commissario alla spending, Carlo Cottarelli. «Io – sottolineato – non posso fare altro che proposte. Ora siamo in una situazione di passaggio tra un governo e l’altro e mi sembra ovvio sia stato impossibile presentare decisioni a Bruxelles. E non so neanche se queste proposte sono state presentate».

Probabilmente il governo attuale non vuole prendere impegni precisi, visto il prossimo passaggio di testimone con Renzi.

Gli avvertimenti, i moniti, le direzioni da seguire, l’Europa però dal canto suo non rinuncia affatto a indicarli. Anzi. Ieri per Rehn – che con l’Italia ha avuto negli ultimi mesi rapporti piuttosto vivaci – non ha perso l’occasione per ricordare i nostri impegni.

«Sono fiducioso che le istituzioni democratiche italiane garantiranno una formazione tranquilla di un nuovo governo che punterà ad aumentare la competitività e a ridurre il debito pubblico», ha detto il commissario Ue.

«L’Italia – ha continuato Rehn – è un Paese europeista e rimarrà impegnata sulle politiche europee, sono fiducioso che continuerà a rispettare i Trattati, che comprendono il Patto di Stabilità e Crescita». Sul rispetto del vincolo del 3% del rapporto deficit/Pil da parte dell’Italia, il commissario ha detto: «Tutti i Paesi sono impegnati a rispettare il vincolo del 3%. Il debito pubblico elevato non fa bene alla competitività dell’Italia. È nell’interesse del Paese intervenire per liberare il potenziale per spingere la crescita e creare occupazione».

Una nota positiva però per l’Italia c’è: è migliorato l’uso dei fondi europei. Un report della Corte dei Conti ha infatti messo in evidenza che nel 2012 si è ridotto sensibilmente il saldo negativo prodotto dal rapporto tra versamenti effettuati e accrediti ricevuti: il saldo si è attestato a quota 5,7 miliardi rispetto ai 6,6 del 2011. La Corte ha sottolineato che «il miglioramento è ascrivibile all’aumento (14,7%) degli accrediti all’Italia per la realizzazione di programmi europei».

Resta però un allarme piuttosto alto – manco a dirlo – su un problema atavico dell’Italia, quello delle frodi: «Il fenomeno delle irregolarità e delle frodi continua a destare allarme  – scrive la Corte – anche in considerazione del fatto che, tra i sistemi utilizzati, è frequente la mancata realizzazione delle attività finanziate». Insomma, prendo i fondi e scappo.

«Nel 2012 – denunciano ancora i magistrati contabili nella relazione che hanno inviato al Parlamento – si è registrato un incremento complessivo degli importi da recuperare, in gran parte ascrivibili ai Fondi strutturali».«I programmi maggiormente interessati da irregolarità e frodi sono quelli regionali, con gli importi più rilevanti riferibili a regioni del Sud inserite nell’Obbiettivo Convergenza: comportamenti che danneggiano la riqualificazione professionale dei lavoratori e lo sviluppo dell’imprenditoria».

A Bruxelles c’era anche il presidente della Bce Mario Draghi: tra l’Eurogruppo e il Consiglio della Bce di domani, l’Italia e il suo nuovo governo restano «osservati speciali» anche per Francoforte.