In vista dell’incontro dell’8 e 9 giugno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc): «A very shameful proposal», una proposta davvero vergognosa. Non è da meno Brook Baker di Public Citizen, che ha definito il documento europeo «a corpse», un cadavere. C’è da chiedersi innanzitutto se gli estensori del documento abbiano mai letto il testo dell’Accordo TRIPS sulla proprietà intellettuale. Parrebbe proprio di no.
Bruxelles introduce, come proposte nuove, clausole già iscritte nel trattato TRIPS da 25 anni. In alternativa alla sospensione di alcuni articoli del TRIPS suggerita da India e Sudafrica, la proposta europea si dilunga sulle licenze obbligatorie ma ignora che i governi possono già auto-determinare le circostanze in cui derogare al brevetto, e che non servono negoziati con le aziende per l’uso governativo di un prodotto farmaceutico se sussiste l’utilizzo pubblico, non-commerciale e mirato alla soluzione di problemi sanitari ( Art. 31 e 31bis).

La stessa cosa vale quando un governo interviene per intaccare un abuso di posizione dominante – cosa che l’Italia ha fatto due volte nel 2005, con licenze obbligatorie contro Glaxo e Merck su alcuni principi attivi, e poi contro Merck per l’antibiotico Imipenem Cilastatina. Insomma, la scoperta dell’acqua calda. Le licenze obbligatorie si applicano peraltro solo ai brevetti e sono una formula del tutto insufficiente visto che, per produrre i vaccini, è necessario derogare ad altri diritti di proprietà intellettuale: know-how, segreti industriali, processi, dati clinici.

In sede Omc, l’Europa sostiene la necessità di cautela perché il processo di manifattura dei vaccini è più complesso dei farmaci, salvo poi impedire l’accesso alla conoscenza necessaria alle imprese, esistenti in più parti del mondo, perché queste possano avviarsi nella produzione dei vaccini. In un recente rapporto realizzato con l’Imperial College di Londra, Public Citizen proietta la possibilità di sviluppare hub regionali per la produzione di 8 miliardi di vaccini a tecnologia mRNA in meno di un anno. Ciò permetterebbe di ovviare all’economia della scarsità dominante nello scenario odierno, che tanto giova all’egemonia e alle casse di Big Pharma.

Cadaverica la proposta di Bruxelles lo è perché, con una coazione a ripetere pericolosa, prolunga la patologica politica di asservimento all’industria con cui la Ue ha negoziato i contratti con le aziende farmaceutiche nel 2020. Molto si è scritto sulle esternalità negative che l’incompetenza dei governi europei ha generato in quel delicatissimo passaggio di gestione della pandemia. La stessa presidente della Commissione Europea ebbe a riconoscere errori di approccio e omissioni. Ma ora ci risiamo, e su scala mondiale. La Ue invita la comunità internazionale a erogare nuovi incentivi e finanziamenti alle aziende, nel nome di una “forte risposta commerciale multilaterale” alla pandemia, con acrobazie di facilitazioni commerciali perché l’industria incrementi la produzione dei vaccini contro COVID-19. Purché non si metta mano ai monopoli della proprietà intellettuale.

La proposta UE dà corpo alle posizioni imposte al vertice sulla salute globale del G20 dal dribbling tra Ursula Von der Leyen e Angela Merkel, e alla Dichiarazione di Roma con cui il G20 punta a coordinare la risposta alla pandemia attraverso massicci investimenti, per indurre le industrie a fare quello che si son rifiutate di fare finora: le licenze volontarie. Si configura dunque il grande impero della “terza via” che piace alla direttrice dell’Omc. Il cardine della trattativa è il mantenimento del monopolio della proprietà intellettuale. Per assurdo, cresce il numero dei paesi disposti a negoziare sul testo rivisto da India e Sudafrica, come si è visto all’incontro informale del Consiglio dei TRIPS il 31 maggio con USA, Giappone, Nuova Zelanda e Gran Bretagna.

L’Europa resta arroccata in un malato colonialismo sanitario. La sua proposta è un’abile mossa per ritardare ogni disposizione diplomatica e per confondere tutti – parlamentari, stampa e opinione pubblica – sul da farsi. Proprio la prossima settimana il Parlamento Europeo dovrà votare sulla proposta del Waiver di India e Sudafrica. C’è il serio rischio che il trucco narrativo della proposta funzioni con molti parlamentari europei, mentre il potere di fuoco dell’industria farmaceutica sulla Ue ha campo libero – 290 lobbisti e 36 milioni di euro all’anno, avverte Corporate Europe Observatory.

Del resto, le decisioni del Consiglio europeo e della Commissione non hanno finora tenuto in alcun conto le iniziative e le decisioni parlamentari. L’Italia non fa eccezione. Né il governo Conte né il governo Draghi si sono curati di ottemperare agli obblighi di due risoluzioni parlamentari (a dicembre 2020 e marzo 2021) che vincolavano il nostro paese a promuovere la proposta di India e Sudafrica in sede europea. Non è successo nulla. Un vulnus democratico che toglie il respiro.