«Si sa, ovviamente, qual è il ruolo di un commissario europeo e come i commissari europei rappresentano l’interesse europeo che portano avanti nel loro portafogli in modo collegiale». Dopo aver commentato indirettamente ma in modo chiaro le critiche rivolte dalla premier italiana al commissario per l’Economia, la portavoce aggiunta della Commissione Dana Spinnant assicura di non voler discutere «eventuali commenti sul commissario Gentiloni». Però la sua dichiarazione non è solo un commento alle parole di Meloni. È una replica molto piccata.

Giorgia Meloni
Da quando ogni nazione ha un commissario accade che abbia un occhio di riguardo. Sarei contenta se accadesse di più per l’Italia
In effetti quasi nessuno si aspettava che la presidente assumesse una posizione tanto netta, condividendo, pur senza ruggire, le critiche del vicepremier leghista Matteo Salvini: «Da quando ogni nazione ha un commissario accade che abbia un occhio di riguardo. Sarei contenta se accadesse di più per l’Italia», le parole pronunciare dalla premier giovedì in conferenza stampa. Le ragioni della fortissima irritazione che campeggia a palazzo Chigi e anche al Mef nei confronti di Paolo Gentiloni sono più forti delle considerazioni diplomatiche.

PROPRIO L’IRA di un governo che sinora era stato molto attento a evitare polemiche con Bruxelles rivela quanto crescente sia a Roma il nervosismo per la trattativa sulla riscrittura del Patto di Stabilità. Gli appunti che la premier, Salvini ma anche lo stesso Giorgetti muovono al commissario sono in realtà diversi ma riguardano essenzialmente il Patto, non il Pnrr come si potrebbe pensare. Prima di tutto la proposta della Commissione prevede ancora la divisione dei Paesi europei in tre categorie a seconda del livello di rischio sul debito pubblico. È la parte del progetto che è stata da subito più criticata perché i Paesi inseriti nella fascia più a rischio sarebbero automaticamente e inevitabilmente penalizzati sul fronte degli investimenti e perché, oltretutto, i controlli e i conseguenti obblighi dovrebbero essere, sempre secondo il progetto della Commissione, molto più stringenti per i Paesi dell’ultima fascia. Quella nella quale, date le dimensioni del suo debito, rientrerebbe quasi certamente l’Italia.

IL CAHIER DES DOLÉANCES registra però anche altre due voci. Per l’Italia, come Giorgia Meloni ha confermato senza perifrasi in conferenza stampa, è essenziale lo scorporo dal deficit degli investimenti per la transizione ecologica, il digitale e la difesa. La sensazione a Roma è che Gentiloni non stia combattendo per un obiettivo che per l’Italia è quasi questione di vita o di morte. Il problema è che il commissario all’Economia, come l’intera Commissione europea, ha già parecchio da fare per convincere la Germania e i Paesi frugali ad accettare una riforma che considerano troppo morbida nei confronti in particolare proprio dell’Italia. Qualche spiraglio, almeno a parole, si sarebbe aperto, ma se ne parlerà sul serio solo dopo che il governo avrà trangugiato una pillola amarissima, la ratifica della riforma del Mes, e avrà dato prova di virtuosità con una manovra molto austera.

INFINE AL GOVERNO italiano non sono piaciuti i toni perentori e definitivi con i quali proprio Gentiloni ha escluso ogni possibilità di prorogare la sospensione dei trattati ove non si raggiungesse un accordo sul nuovo Patto entro il 31 dicembre. La premier ha affermato esplicitamente che in quel caso si dovrebbe rinviare il rientro in vigore del Patto di stabilità piuttosto che ripristinare le vecchie regole. In questa difficile fase «provocherebbero una contrazione molto importante per le economie europee in sofferenza».

In queste condizioni e con una legge di bilancio ancora in alto mare il governo aspetta col fiato sospeso le nuove stime europee di lunedì prossimo sullo stato dell’economia. Teme una nuova mazzata.