Anche ieri mattina l’acqua limpida e piatta del Bacino San Marco aveva tutte le tonalità di verde e di blu che da settimane la fanno risplendere. Tonalità e limpidezza mai viste prima, che in questo periodo sono state l’unico sollievo quando si usciva per fare la spesa e ci si passava accanto, in riva. Dietro la mascherina e nonostante tutte le nostre ansie, quel momento era ed è un momento di sospensione.

Pochi metri di bellezza, prima di rinchiuderci di nuovo dentro alle paure.

Anche ieri mattina colori e acqua erano come al solito, ma stavolta di sinistro non c’era era soltanto l’invisibile virus. Il cielo dietro San Marco era nero, una striscia di fumo larga e densa che era impossibile scambiare per una nuvola. Lì dietro, noi tutti lo sappiamo bene, c’è Porto Marghera. Ne abbiamo visti altri, in passato, di cieli avvelenati come questo. Da più di un secolo viviamo accanto a una bomba a orologeria, gli incidenti si susseguono con drammatica puntualità. E possiamo dirlo: tutto sommato ci è sempre andata bene. Fino a quando dovremo appellarci alla fortuna e non, finalmente, a una definitiva messa in sicurezza di quel luogo, alla sua riconversione?

Ma le sciagure di Venezia non sono soltanto naturali – non dimenticatevi l’acqua alta del 12 novembre 2019 – o chimiche, sono anche e soprattutto politiche. Da cinque anni è in carica la giunta più inadeguata e incapace della storia di Venezia. Lo avrete visto in tanti il sindaco Brugnaro passare in questi giorni da un canale all’altro delle tv nazionali a inveire contro il governo, con vere e proprie scene di isteria culminata nel vergognoso attacco al sottosegretario Misiani di qualche sera fa.

Maldestra tattica di sviare l’attenzione dalla propria inadeguatezza. Una giunta che non ha fatto altro che vendere palazzi storici a privati per farli diventare lussuosi alberghi, a concedere autorizzazioni a pioggia per altrettanti alberghi low cost a Mestre. E l’esaltazione continua delle navi da crociera in laguna, di cui il sindaco va fiero. Uno scempio imperdonabile e devastante. Un’attenzione concentrata solo ed esclusivamente sul turismo, nella speranza di veder scomparire i residenti. E ora che per anni il turismo non ci sarà più (gli esperti parlano di una eventuale ripresa non prima del 2023), il sindaco non sa far altro che inveire contro tutto e tutti.

È proprio un periodaccio per Venezia, questo. È come se da qualche tempo la città si stesse ribellando a chi negli anni l’ha trasformata in una specie di perversa slot-machine dove si vince sempre. Dove si vinceva sempre. Capitale mondiale del turismo, soldi a palate, svaniti nel nulla.

Sono bastate poche settimane di lockdown e pare che la città sia al fallimento totale. Mezzi pubblici ridotti, ridottissimi, cittadini esasperati, la raccolta delle immondizie ridimensionata, commercianti e albergatori furibondi. Non credo sia necessario essere degli esperti economisti per domandarsi il perché di tutto ciò. All’improvviso, ci accorgiamo che Venezia era una città che viveva alla giornata, un negozio diffuso che evidentemente guadagnava di giorno e sperperava di notte, per essere ridotta com’è. O come ci dicono. Già, perché senza essere esperti economisti, c’è qualcosa che non va in tutte le rivendicazioni.

È vero, Venezia ha bisogno di aiuto. Ci saranno decine, forse centinaia di attività costrette a chiudere. Un disastro, ma anziché lamentarsi e inveire, tipico sport italiano, perché non iniziare un sano mea culpa? Se Venezia è ridotta in questo modo, la colpa è di noi veneziani. Non tutti, va da sé, ma la gran parte. Per decenni è bastato tirare su la serranda la mattina per fare guadagni faraonici, e spesso vendendo assolute schifezze. È bastato avere un appartamento ereditato dai nonni per mettere su il più facile dei business stile Airbnb. Guai a pensare che questo meccanismo perverso un giorno avrebbe potuto incepparsi. E invece.

E invece adesso ci sarebbe bisogno di politici lungimiranti e non isterici, di commercianti creativi, di cittadini con una buona dose di fantasia, e ce ne sono, per fortuna, che da subito hanno inventato alternative, modificato le loro attività. Perché Venezia ne ha passate tante e supererà anche questa.

Perché Venezia, nei giorni tragici di questo nostro disastro, non è mai stata così bella. Mai.