A crisi ufficialmente aperta, Matteo Renzi non nasconde la soddisfazione per aver centrato il suo primo obiettivo: far uscire da palazzo Chigi l’avvocato del popolo. E ora, uscito dall’angolo, si prepara al secondo round: impedirgli di rientrare. «Ora possiamo fare finalmente un governo serio, di legislatura, che dia risposte concrete e non evasive alle sfide della pandemia e assicuri la ripresa», scrive nella sua enews. «Un governo capace di concretizzare in progetti il gigantesco sforzo del Next Generation EU. Con un documento serio, scritto bene, concreto».

Tutte tracce di un identikit che- stando almeno al giudizio di Renzi sul Conte 2 -non corrispondono al premier uscente. L’escamotage è salire al Colle non indicando nomi o mettendo veti, ma un programma con le cose che Conte non è riuscito a fare. «Andremo al Quirinale senza pregiudizi», assicura il rottamatore. «Sprecare i soldi del Recovery, perdere tempo sui vaccini, ritardare il ritorno a scuola, vivere di sussidi sarebbero errori imperdonabili».

Guarda caso sono tutte le critiche Italia Viva ha fatto in questi mesi a Conte. E dunque, per deduzione fin troppo facile, per Renzi non è l’avvocato l’uomo giusto per succedere a se stesso. Teresa Bellanova è appena più soft: «Per noi c’è Conte ma non c’è solo Conte».

SE ITALIA VIVA LAVORA dunque al dopo Conte, immaginando varie soluzioni, anche quella di proporre per palazzo Chigi un big del M5S, il Pd resta fermo sull’avvocato. E su questo si misurerà il braccio di ferro dei prossimi giorni con Renzi. Il primo tempo della partita l’ha vinto il senatore di Rignano, ora il Pd cerca la rimonta, nella convinzione, come dice Alessandro Alfieri di Base riformista, che dentro Iv ci siano «molti parlamentari che vedono un Conte ter come soluzione positiva, che vogliono mantenere un rapporto di collaborazione col Pd».

FALLITA L’OPERAZIONE responsabili, i dem sono stati costretti a rimangiarsi il veto su Matteo «l’inaffidabile». Sperano di ridimensionarlo nel prossimo governo (con un gruppo europeista come quarta o quinta gamba della maggioranza), ma l’idea di escludere Iv è stata messa doloramente da parte.

Ora l’obiettivo è salvare il soldato Giuseppe. Sarà questo il cuore della relazione di oggi di Nicola Zingaretti alla direzione dem, seguirà un voto. Il premier sarà descritto come «punto di equilibrio imprescindibile» per un nuovo governo con una maggioranza «ampia, solida, europeista». Goffredo Bettini è ancora più esplicito: «Non deve ricominciare uno stucchevole dibattito politicista e astratto, mettendo in campo ipotesi diverse di premiership o di alleanze che disperderebbero il patrimonio accumulato in questi mesi e che porterebbero l’Italia a nuovi momenti di confusione e incertezza».

DARIO FRANCESCHINI, così come Bettini, è convinto che salvare Conte significhi anche preservare la possibilità di una alleanza strategica col M5S: «Il cammino fatto con questo governo ci consente di pensare a questa maggioranza anche in prospettiva, come una area di forze riformiste alleate non solo temporaneamente», ha detto ieri in consiglio dei ministri. «Per questo è fondamentale salvare questa prospettiva anche nel percorso della crisi».

Ci riuscirà il Pd? Non è affatto scontato perché Renzi, come ha detto Andrea Orlando, oltre a Conte punta ad affossare anche l’asse Pd-M5S. E continua a lavorare per un governo di unità nazionale guidato da una figura tecnica, da Mario Draghi in giù.

Dentro il Pd ieri è sembrata aprirsi una faglia quando il capogruppo in Senato Andrea Marcucci ha detto che «per noi oggi l’ipotesi sul campo è reincaricare Conte», aggiungendo poi «vedremo le indicazioni che daranno gli altri partiti» e infine: «Non c’è un Conte a tutti i costi». Per poi precisare che «il buonsenso porta naturalmente verso un Conte ter».

UN GIRO DI PAROLE per dire che, in fondo, il Pd in poche ore è passato dalla linea «o Conte o elezioni» all’auspicio di un reincarico a Conte. Una linea che per ora non contiene subordinate, ma che potrebbe cambiare ancora se dalle consultazioni uscisse che l’attuale premier non riesce ad allargare la maggioranza.

A quel punto, pur di evitare un governo di unità nazionale visto come il male assoluto, il Pd potrebbe spingersi fino ad accettare come premier uno della triade grillina composta da Di Maio, Fico o Stefano Patuanelli. Ma questo, almeno al Nazareno, non è tema di oggi. Ora bisogna salvare Giuseppe.