Il FusoLab è una palazzina che sbuca dall’enorme parallelepipedo di cemento del centro commerciale IperCoop del Casilino, alla periferia sudorientale di Roma. Qui da dieci anni si tengono corsi, si fa sport, si costruisce socialità. Fabrizio Barca arriva in questo pezzo di periferia romana alla vigilia dell’ultimo fine settimana di campagna elettorale. Si schiera accanto a Giovanni Caudo, capolista di Roma Futura, e di altri dei candidati di quello che è uno due simboli (l’altro è Sinistra civica ecologista) delle formazioni che si presentano alla sinistra della coalizione di centrosinistra che sostiene Roberto Gualtieri.

«Un enorme quantità della popolazione romana non ha ancora deciso per chi votare – sostiene Barca – Eppure, una trasformazione radicale serve a riequilibrare i poteri a favore dei giovani, delle donne, del lavoro». Affinché ciò avvenga, sostiene l’economista e animatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, «abbiamo bisogno di concetti e proposte operativi. Pensare che si possano cambiare le istituzioni a favore dei subalterni». In questo senso, il Forum Diseguaglianze e Diversità ha deciso di sostenere Claudia Pratelli, una delle candidate di Roma Futura assieme ad altri candidati come lei scelti in giro per l’Italia e scelti attraverso la piattaforma Ti Candido: 18 persone da sostenere attraverso il crowdfounding. Barca si confronta con le tesi dell’economista Giuseppe De Marzo e cita Walter Tocci, vicesindaco di Francesco Rutelli e in seguito attento osservatore dei fatti capitolini, quando sostiene che Roma ha recuperato un senso quando «l’avanguardia culturale si è impastata con la sensibilità popolare». «Quando è venuto meno quell’impasto – prosegue – si è creata una rinunzia nelle aree popolari a pensare che ci potesse essere un processo di trasformazione». Eppure, si dice convinto che proprio in questi settori sociali si gioca la partita delle istituzioni. Tramontata la dimensione del tempo, cioè dell’accumulazione lineare in attesa di un futuro, la speranza di cambiamento si è manifestata nello spazio. A volte ha preso la forma degli spazi del consumo, altri quelli della socialità. «Quegli spazi sono il luogo della biforcazione – dice ancora Barca – Possono produrre comunità chiuse o aperte. Possono diventare luoghi in cui asserragliarsi o spazi di apertura all’esterno». Cita gli spazi occupati, luoghi del mutualismo e della solidarietà. E poi ricorda ai candidati che «stare in consiglio comunale vuol dire avere persone che portino quei valori che rimane il luogo della democrazia». Per Barca «bisogna studiare perché altrimenti il dubbio che le trasformazioni radicali non si possano fare viene anche a noi». Poi elenca alcune delle priorità: «La casa, gli spazi collettivi e le officine municipali come luoghi in cui lavori diversi si ricompongono e dove il maschio perda l’alibi di chiamarsi fuori dal processo di riproduzione sociale». Poi, a proposito di spazi, cita la dimensione della prossimità: «Questa città non è solo i municipi, ci sono i quartieri che sono la dimensione in cui si manifesta concretamente la partecipazione democratica, in forme di alleanze».

E ricorda l’importanza che anche la burocrazia si evolva, precondizione di ogni cambiamento: «Nulla di tutto questo si riesce a fare se non rinnoviamo l’amministrazione – spiega Barca – Questa città cambia deve avere la possibilità di valutare la qualità delle 2200 persone che lavoreranno negli uffici in futuro, sono il 15% del personale del Campidoglio. Pochi consiglieri comunali possono fare la differenza ma con 50 impiegati che fanno quello che gli si chiede con una motivazione alcune operazioni diventano più facili». Ricorda il paradosso di Metropoliz, grande occupazione abitativa che ospita una mostra di arte contemporanea in una stabilimento di salumi dismesso lungo la Prenestina. E lo stato è stato multato per non aver sgomberato quel posto per una cifra molto maggiore di quanto serviva per comprarlo.

A proposito di sgomberi: poco più in là del Casilino, a Tor Vergata, giusto qualche ora prima Virginia Raggi ha aperto la giornata di campagna elettorale salutando la chiusura del campo rom La Barbuta. Ma non è ancora chiaro quante delle persone che vivevano in quella baraccopoli abbiano trovato ricoveri alternativi o siano finite i mezzo alla strada, come è successo altre volte nel corso di questi cinque anni, incrementando la nascita di campi informali e non riconosciuti. Ricorda il paradosso di Metropoliz, grande occupazione abitativa che ospita un museo autogestito di arte contemporanea in una stabilimento di salumi dismesso lungo la Prenestina. E lo stato è stato multato per non aver sgomberato quel posto per una cifra molto maggiore di quanto serviva per comprarlo.
A proposito di sgomberi: poco più in là del Casilino, a Tor Vergata, giusto qualche ora prima Virginia Raggi ha aperto la giornata di campagna elettorale salutando la chiusura del campo rom La Barbuta. Ma non è ancora chiaro quante delle persone che vivevano in quella baraccopoli abbiano trovato ricoveri alternativi o siano finite i mezzo alla strada, come è successo altre volte nel corso di questi cinque anni, incrementando la nascita di campi informali e non riconosciuti.