L’intervista rilasciata all’Espresso dal Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani fornisce una immagine ben diversa, rispetto a quella che emergeva dalle sue precedenti affermazioni su argomenti vari, dal ruolo del nucleare a quello del gas, dal futuro «lacrime e sangue» ai radical chic dell’ambientalismo. Ha chiarito il suo pensiero sul nucleare, escludendolo, almeno al momento. Ha senza dubbio alcuno messo l’Italia sulla strada delle rinnovabili, dicendo pure che madre natura ci ha dato un bene, il sole e il vento, che corrisponde a quello dell’olio nero che ha fatto la fortuna dei paesi della penisola arabica, e quello dobbiamo sfruttare, eliminando tutte le strozzature che lo impediscono.

Certamente ci sentiamo rassicurati da queste affermazioni, ma il ministro ci stupisce e va ben oltre le più rosee aspettative. A proposito della necessità di ridurre la domanda di energia, dice: «Abbiamo troppi telefonini, troppo streaming, solo questo fa il 4% di emissioni di CO2. Siamo disposti a rinunciarci? Abbiamo tutti due automobili. Siamo pronti a rinunciare a una?». Tutto questo dopo avere fatto giustamente notare che al mondo c’è un miliardo di persone che ancora non ha l’elettricità e tre miliardi non hanno accesso a combustibili puliti per cucinare. E non si possono condannare in quello stato solo perché l’aumento delle loro emissioni renderebbe inutili i nostri sforzi per ridurle, dato che siamo tutti sullo stesso pianeta.

Se proviamo a proseguire sulla linea di queste affermazioni si arriva a una sola conclusione, che poi è quella della comunità scientifica internazionale e della «Laudato si’»: noi paesi ricchi dobbiamo ridurre i nostri consumi (cioè, absit iniuria verbis, decrescere – almeno in termini di produzione) e dobbiamo sostenere i paesi poveri perché si sviluppino usando tecnologie e tecniche che non impattino sull’ambiente. Alleluia.

Peccato che la conclusione a cui arriva il ministro sia tutt’altra, con una palese contraddizione, perché dice anche: «…Se però cresciamo del 5% l’anno, cosa che mi auguro ….Avremo settori industriali che pompano di più. La gente comprerà più automobili: se saranno tutte elettriche, le dovremo caricare e lo dovremo fare con energia rinnovabile». Ma non dovevamo rinunciarci, a gran parte delle auto? Ma ora non ci rinuncia e quindi, occorrendo sempre più energia rinnovabile (parchi eolici e fotovoltaici) per soddisfare questa vorace crescita che si augura, è preoccupato per i soliti preda della sindrome NIMBY (non nel mio cortile) che si oppongono aprioristicamente a qualsiasi installazione.

I radical chic dell’ambientalismo trattati in altra occasione? Dr Jekyll e Mr Hide. E nelle vesti di Mr Hyde afferma che le centrali a carbone vanno necessariamente sostituite con centrali turbogas (vedi Civitavecchia) perché occorre garantire la potenza. Dimentica di aggiungere «di picco», infatti non c’è deficit di potenza di base in Italia dato che quella disponibile installata è di circa 115 GW contro una domanda massima di circa 60 TW (Fonte: Terna per il 2018). È un dettaglio di non secondaria importanza, dato che le centrale turbogas dovrebbe fornire una potenza occasionale, con disponibilità pressoché immediata, che può essere fornita mediante opportuni sistemi di accumulo, e fra questi il più dimenticato: l’accumulo idraulico mediante pompaggio.

Quando c’è eccesso di energia si pompa acqua da un bacino più basso a uno più alto e quando c’è difetto si fa rifluire l’acqua dal bacino alto a quello basso, facendole attraversare una turbina collegata ad un alternatore che produce l’elettricità che serve. Si fa da decenni in Italia, e negli Usa stanno cominciando ad attrezzarsi ora, proprio in relazione alla crescita della potenza non programmabile fornita dalle rinnovabili. Il fatto è che, stando a quanto dice un rapporto del RSE (ente di ricerca pubblico) del 2012: «L’Italia ha una grande capacità di accumulo da pompaggio installata, pari a circa 7.6 GW». Ma nel 2019 l’accumulo ha prodotto solo 1.8 TWh (Fonte: Terna), contro 8 TWh prodotti nel 2002, picco storico di utilizzo (Fonte: RSE).

Per avere un’idea delle proporzioni, la centrale prevista dall’Enel a Civitavecchia è da 1.600 MW, pari a circa 1/5 della potenza disponibile utilizzando l’accumulo idraulico. Non sarebbe opportuno che il Ministro chiedesse conto all’Enel delle ragioni di questa situazione? Pare si tratti di ragioni puramente economiche derivanti dalla struttura del mercato elettrico. Sarà, ma è una anomalia del tutto ingiustificabile, specie se poi a causa di questa anomalia si è costretti a costruire, e a fare andare a gas con le conseguenti emissioni, una nuova centrale che potrebbe essere evitata. Anomalia che è dovere del Ministero per la Transizione Ecologica eliminare.

Sempre secondo il rapporto del RSE citato il potenziale di accumulo si può espandere con nuovi impianti, infatti sono stati individuati: “8 possibili collegamenti con impianti di pompaggio di media-grande taglia (100-500 MW) tra laghi naturali ed artificiali e 4 siti lungo la costa meridionale e nelle isole potenzialmente idonei all’installazione di impianti di pompaggio marino della medesima taglia…Complessivamente queste nuove installazioni apporterebbero un contributo significativo all’attuale capacità di accumulo disponibile, che in termini di potenza installata ammonterebbe complessivamente a quasi 3 GW e in termini di energia potrebbe consentire il dispacciamento di circa 9 TWh/anno”.
Cosa aspettiamo? Il Dr Jekyll direbbe che dobbiamo investire nell’accumulo, invece che in nuove centrali a gas.