Primo di una manciata di adattamenti kinghiani in arrivo sui grandi e piccoli schermi (e che includono l’attesissimo It, del regista argentino Andres Muschietti, e una miniserie dedicata al serial killer Mr. Mercedes), La torre nera è una debole eco dell’imponente e intricato ciclo di otto volumi fantasy/western ispirato allo scrittore del Maine da Tolkien, dalle leggende arturiane e dallo spaghetti western di Sergio Leone. Da Il buono, il brutto e il cattivo verrebbe infatti Rolan Deschain, aka «il pistolero», eroe della storia, qui interpretato con stoica sofferenza da Idris Elba, un avventuriero abbigliato da cowboy, armato di pistolone, che vaga tra una dimensione e l’altra del multiverso con l’unico obbiettivo di uccidere l’assassino di suo padre, ovvero l’uomo in nero, uno stregone (Matthew McConaughey) a sua volta impegnato nel diabolico tentativo di distruggere la torre oscura che impedisce all’universo di sprofondare nel caos.

L’arma segreta con cui lo stregone intende mandare in frantumi la torre va distillata dalla mente di un bambino, il che spiega perché, nelle prime sequenze del film (le sole a risultare lievemente impressionanti), vediamo dei ragazzini urlanti inchiodati a sedie tipo dentista, con caschi strizzacervelli.
Più potente è la luccicanza nascosta nel bimbo, più danno farà alla torre il raggio luminoso estratto dalla sua testa. Perseguitato da incomprensibili sogni in cui appaiono il pistolero e lo stregone, dalla memoria di un padre mancato da poco e dalle angherie a cui lo sottopone il nuovo marito della mamma, il quattordicenne newyorkese Jake Chambers porta in sé una dose di luccicanza tale che basterebbe da sola a fare crollare la torre, il che lo rende una preda superappetitosa per McConaughey e co.

Piccoli flash da temi abituali di King si riconoscono nel tratteggio del personaggio di Jake, in cui il disagio delle sue situazioni scolastico/famigliare è un tutt’uno con la fantasy dark che scorrazza nella sua mente.
Quando i rappresentanti di una scuola per bambini difficili situata Upstate vengono a prenderlo, su richiesta della mamma e del patrigno, è subito chiaro che il loro non è un interesse di tipo accademico – sono inviati dello stregone.
Foderato di attillatissimi abiti neri, sotto una capigliatura corvina così compatta e lucida da sembrare quella di un omino Playmobil, McConaughey la butta sul camp, sibilando ordini come «vai in fiamme», «smetti di respirare» e «uccidetevi a vicenda».

L’unico immune alle intimazioni di questo Silvan infernale è Deschain che, in un andirivieni tra New York e una nera landa desolata del multiverso, diventa il protettore di Jake.
In poco più di novanta minuti di film, The Dark Tower non sfiora nemmeno alla lontana il respiro epico dell’opera di King; però riesce ad annoiarci, sia dal punto di vista drammatico che visivo. Considerando che di questo adattamento si parla da almeno dieci anni (nel 2007, il regista doveva essere J.J. Abrams. Poi il progetto era passato nelle mani di Ron Howard che doveva trarne un mix di film e serie televisiva) il risultante film del danese Nikolaj Arcel (firmato da ben quattro sceneggiatori diversi) è decisamente un anticlimax.